domenica 28 giugno 2020

Scrittori selvaggi

Ho pensato molto prima di scrivere questo post. Premetto che rispetto le attività di tutti e parlo di chi sia coinvolto nel mondo dell'editoria al pari o comunque a fianco degli scrittori: editor, agenti, promotori, eccetera. Un mondo che peraltro conosco dato che ho usufruito, in passato, dei servizi di alcune agenzie. 

Non riporto  qui le mie impressioni e tanto meno i risultati in quanto mi rendo conto che la mia esperienza, comunque relativa a due sole agenzie, non copre certo l'intera gamma di possibilità in tal senso e comunque potrebbe indurre altri a imitare i mie comportamenti. 

Non posso escludere un eventuale rapporto con un agente  se mai dovessi avere un certo successo di vendite. Allo stato attuale, ritengo di dovermi comportare da scrittore selvaggio: rileggo e correggo da solo i mie libri, li metto on line sul sito che voglio e amen. Questo blog resta l'unico mezzo per  conoscere le mie opere. Giusto? Probabilmente, no. 

Eppure sono fermamente convinto che uno scrittore debba solo pensare a scrivere, non a stampare le proprie opere né a distribuirle e tanto meno a farsi carico di costi di stampa o distribuzione. 

Scrivere è un processo creativo che impone totale dedizione, non ci possono essere distrazioni. Un libro, specie se trattasi di romanzo, è un parto letterario. Non si tratta di pubblicizzare un oggetto, uno strumento o un servizio. 

Signori, la letteratura dev'essere pensata come una forma di espressione altissima, altrimenti diventa solo parte di un marketing qualunque. E questo, io rifiuto strenuamente. Certo, non è impossibile né deleterio presentare un proprio libro. Il problema è che non deve trattarsi di un'operazione ritenuta obbligatorie e neppure indispensabile. Uno scrittore, scrive e basta. Il resto non è poesia ma marketing, magari industria o commercio, non letteratura. 

Possono fare altri questi mestieri, possono mettersi al servizio di uno scrittore di certo dovutamente retribuiti da quei signori che hanno il nome di editori e che dovrebbero ricominciare a ripensare al loro importantissimo ruolo. 

Ruolo svilito e imbarbarito dai contributi statali all'editoria, un mezzo come un altro per legare gli editori al carro del padrone. Ecco perché voglio correre il rischio di non avere successo e di essere considerato uno scrittore selvaggio. Oltre che libero. 

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