Innanzitutto, appare molto curioso e certamente inusuale l'uso del decreto che sta facendo Giuseppe Conte. Se l'emergenza sanitaria propria dei primi decreti, poteva in qualche modo dirsi giustificata dalla paura di perdere la gestione di un contagio che alcuni clinici consideravano fatale, oggi che per ammissione degli stessi clinici, il contagio è limitato e quindi sotto controllo, non si comprende l'utilizzo della decretazione del Presidente del Consiglio al posto di un'attività parlamentare che, ricordo, essere propria di una repubblica fondata sulle camere, quindi sul parlamento.
Urgenza ed emergenza potevano far pensare in qualche modo a giustificare i decreti di marzo e aprile appena trascorsi ma quest'ultimo lascia alquanto perplessi.
Se vogliamo dirla tutta, l'uomo che si rende protagonista di questi decreti, fonda la sua autorità sulla maggioranza di governo pertanto, in qualche modo, riassume la sua azione sotto l'egida di tale maggioranza. Tuttavia, questo Paese non si fonda, a livello giuridico e amministrativo, sul potere di un uomo solo, proprio delle repubbliche presidenziali. E' infatti la funzione parlamentare a risultare maggiormente assente in questa fase che dura da quasi due mesi ad oggi.
Una lettura scolastica del Decreto del Presidente del Consiglio riporta che trattasi di una legge secondaria, ovvero sottoposta a vincoli costituzionali ben precisi ed ha bisogno di una legge ordinaria che lo autorizzi entro i termini previsti ovvero 60 giorni. O decade fin dalla sua emissione.
Ma esiste ancora l'urgenza che può giustificare quest'ultimo Dpcm di ieri? E' una bella domanda che affideremmo puntualmente ai maggiori costituzionalisti italiani.
Voi capite che procedendo di questo passo, ovvero di dpcm in dpcm, l'attuale maggioranza può agevolmente superare la discussione parlamentare e porre la cosiddetta fiducia, ogni qualvolta si andrà a trasformare in legge uno o più dpcm.
Si potrebbe definire autoritario un potere legislativo posto in questi termini?
Probabilmente, sì. Siamo abituati ad accettare o polemizzare anche leggi ordinarie, discusse e votate in parlamento. Ma in questo caso, mancando del tutto tale discussione, il concetto stesso di democrazia parlamentare, proprio del nostro ordinamento, a mio modesto avviso, è del tutto assente.
Visto che la Costituzione del nostro Paese prevede un sistema interno di contrappesi riguardo l'azione delle varie componenti legislative e di controllo, è fortissimo il sospetto che una parte dell'attuale gestione partitica delle istituzioni abbia autonomamente deciso d' intraprendere un percorso alquanto autoritario, quindi, parzialmente non previsto dalla nostra Costituzione.
Quel che sta facendo l'attuale maggioranza di governo, infatti, può divenire consuetudine, quindi essere riprodotto anche da maggioranze future e magari diverse da quella attuale. Resta da vedere l'atteggiamento dell'organo tipico di controllo della politica, ovvero la magistratura, a dire il vero piuttosto balbettante, negli ultimi tempi.
La democrazia, che si fonda sempre su una legge che preordina i rapporti tra gli uomini, chiamata costituzione, è molto difficile da ottenere, conquistare e riconquistare.
Al contrario, la dittatura, ovvero il predominio di una parte di uomini su altre parti, ceti o classi, è purtroppo molto più agevole da instaurare soprattutto in determinati periodi.
Oggi, alla luce soprattutto del Dpcm illustrato ieri sera e diffuso oggi dagli organi di stampa (non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) possiamo sicuramente parlare di un potere (a voler essere buoni) fondato sulla prevenzione sanitaria. Il che fa già presagire uno squilibrio sociale fortissimo.
Un breve esame del testo: si richiama all'inizio la legge 400 del 23 agosto 1988 che autorizza tale decretazione... e non la Costituzione, la quale, essendo la prima delle Leggi dovrebbe autorizzarle tutte.
Riassume poi una serie di decreti legge e decreti del presidente del consiglio, in tutto dodici, seguiti da ordinanze ministeriali e dichiarazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Infine, badate bene, alla fine, una delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 riguardo l'emergenza sanitaria della durata sei mesi da quella data. Degno di un oracolo più che un organo politico.
Tutto questo è in premessa quanto autorizza l'emissione di ulteriori norme che decretano essenzialmente misure urgenti (ancora una volta...) di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale.
Per questo post, ci fermiamo qui. Ricordando sempre, a vostro beneficio, che chi scrive è appunto solo un lettore e quindi uno scrittore (divulgatore) di queste norme; è chiaro, dunque, che sto scrivendo sui questo blog quel che penso io, configurabile in una semplice opinione.
Domani, o qualche giorno più tardi, riporterò il succo e quindi l'effetto pratico, di queste misure. Ma quel che mi preme riferirvi è la mia totale perplessità su questo modo di procedere dell'attuale maggioranza di governo. Si rischia di ingenerare nella pubblica opinione la convinzione che della discussione parlamentare non c'è alcun bisogno.
Se un'azione emergenziale viene giustificata da, all'origine, una delibera del Consiglio dei Ministri (data 31 gennaio 2020) e da atti intermedi come decreti-legge e dpcm, oltre alle delibere di un'organismo sovranazionale come l'Organizzazione Mondiale della Sanità - ne deduco che l'attuale composizione governativa preferisca dare un'impronta del tutto basata sulla prevenzione sanitaria al nostro ordinamento, dimenticando completamente che la funzione parlamentare e la relativa discussione orale, è la naturale sede dove tradurre tutto questo.
Un certo, e preoccupante, autoritarismo, traspare da queste misure, senza dubbio.
Nei prossimi giorni, come detto, entrerò nella trattazione delle misure contenute nell'ultimo dpcm almeno a livello descrittivo e quindi divulgativo dato che di confusione mi pare se ne sia fatta anche troppa. Non dimentico mai che la prima funzione di uno scrittore riguarda la descrizione del mondo che deve fare ai suoi lettori. I giornalisti si lamenteranno di questa, mia personale pretesa, ma devo dire che la questione in sé m'interessa molto poco. Giornalista fa rima con cronista. Io faccio altro.
A presto su questo blog per gli effetti pratici di quest'ultimo Dpcm.
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