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Questo diario inizia nei primi mesi del 2017, quando
decisi di utilizzare l’enorme archivio che chiamiamo Internet per preservare
quel che sapevo, all’epoca, e che avevo minuziosamente raccolto negli anni
precedenti, riguardo la vita e le opere di Mario Signorelli, etruscologo
viterbese, nato nel 1905 e deceduto, a Viterbo il 29 luglio del 1990.
Signorelli pubblicò vari libri per diversi editori ed
io conobbi lui e le sue teorie sulla Federazione Etrusca attraverso le
pubblicazioni di Quatrini, Addobbati, Sugarco. Non lo incontrai mai di persona.
Quel che si raccontava, in queste opere, era una
Nuova Etruscologia, fondata sulle ricerche e le scoperte di Signorelli ma anche
sul lavoro svolto da un frate medievale, Annio, al secolo Giovanni Nanni,
accusato di falso e di eresia ai suoi tempi.
Mi convinsi, da appassionato studioso della materia,
che tutto quel che avevo appreso sugli Etruschi in precedenza, era
profondamente errato.
Senza citare autori, storici, ricercatori, dotti e
sapienti, leggendo quel che Signorelli esponeva, con dovizia di particolari e
con riscontri di tipo archeologico sul campo, assistevo ad una vera e propria,
nuova e diversa narrazione della storia e della fine della Federazione Etrusca;
inoltre, tutto questo, si ricollegava ad altre ricerche da me fatte su alcuni
popoli antichi ed estinti, sulla teoria della Terra Cava e su questioni
maggiormente attinenti alla ricerca parapsicologica pura.
Mario Signorelli era, infatti, un potente medium
naturale, che utilizzava le canalizzazioni personali di perispiriti degli
antichi Lucumoni per andare a strappare dalla roccia e dal terreno, sentieri
sepolti dai millenni e le tracce di un’intera civiltà minuziosamente occultate
dai genieri tirreni al tempo dell’invasione romana.
Archeologia e Parapsicologia erano unite nella
ricerca di un uomo che credeva di essere lui stesso l’incarnazione di un antico
sacerdote etrusco, tornato sulla Terra con il compito di far conoscere
all’Umanità la vera storia del popolo più misterioso che la nostra memoria
collettiva possa considerare.
Tutto questo era riportato da poche pubblicazioni
dagli anni ’60 agli anni ‘90 ormai uscite dai cataloghi editoriali, e quindi
era necessario che questo lavoro potesse restare comunque a disposizione delle
generazioni a venire; e io stesso avevo riscontrato notevoli difficoltà nel
raccogliere materiale biografico, notizie e documenti sull’autore di quelle
ricerche, peraltro uomo assolutamente schivo e riservato che aveva affidato
alla carta stampata le sue innovative teorie, anche con l’intento di
auto-finanziare le sue indagini sul territorio e gli scavi che dirigeva.
Teorie che rischiavano l’oblio del tempo e quindi di
fare la stessa fine che i polverosi sentieri etruschi, per precisa volontà di
chi la Federazione dirigeva, avevano subito: scomparire, sostituiti dalla
favolosa civiltà romana, con i suoi fasti, il suo impero, le sue guerre di
conquista.
Era comunque presente su Internet la digitalizzazione
di alcuni libri, senza alcun commento o spiegazione a corredo.
Il mio intento era, quindi, di ordinare e riportare
minuziosamente, tutto quel che di Signorelli e delle sue ricerche rischiava di
essere dimenticato per sempre. E soprattutto, proseguire nel mio stesso lavoro
di comprensione di alcune parti di queste opere che non mi risultavano
sufficientemente chiare, almeno per il momento.
Non avrei mai
immaginato di andare molto oltre questa progettata catalogazione nel recarmi
dove lo stesso etruscologo-medium non aveva potuto o saputo, andare. O forse,
semplicemente, in un determinato momento aveva deciso di non raccontare alcune
esperienze che lui stesso non aveva compreso appieno.
Potrete formarvi un’opinione voi stessi e comunque
soltanto utilizzando la pazienza necessaria a seguire queste note di viaggio
per quanto incredibili vi potranno sembrare in qualche passaggio.
Capitolo 1 – Libri dimenticati e un
messaggio che non doveva arrivare.
In quel periodo, la mia vita si svolgeva
ordinatamente e con molta noia. Padre di due figli, regolarmente impiegato,
unito da anni ad una moglie meravigliosa e con il meglio della mia vita alle
spalle.
In passato avevo pubblicato qualche romanzo, senza
troppa convinzione e senza alcun successo. Uno dei tanti italiani con manie
letterarie. Altre passioni, anche queste nate durante la giovinezza, erano per
la Storia, la Letteratura italiana e spagnola, l’Archeologia, la Parapsicologia
e la Storia delle Religioni.
Da giovane, ero stato particolarmente affascinato
dalle vicende e dai miti che riguardavano popoli ormai estinti o addirittura
scomparsi: Etruschi e Anasazi su tutti. Avevo iniziato studi che non avevo
potuto terminare, dato che le necessità della vita, e i problemi legati a
lavoro e famiglia, mi avevano totalmente impedito di proseguire ricerche nelle
biblioteche, nelle librerie, nei polverosi archivi statali e privati; e ancor
più reso impraticabili certi interessanti viaggi, se e quando erano necessari;
insomma, la mia ricerca è stata completamente sospesa per oltre tre decenni e
nel frattempo, le tracce del lavoro di un autore da me amatissimo,
l’etruscologo Signorelli, si stavano perdendo completamente.
E soprattutto, il suo messaggio si stava confondendo
nella marea di insulti e sberleffi che lo aveva accompagnato per una vita e che
negli anni seguenti la sua morte fisica, caratterizzava la reazione di critici,
storici e commentatori alle sue opere.
Un mondo pieno di problemi, gente che si agita in
ogni direzione, e che rimane assediata dalle necessità quotidiane, e tuttavia
insegue ancora le stesse incertezze e paure che assillavano la società ai tempi
della massima espansione della Federazione Etrusca, quindi immediatamente prima
della nascita di Roma.
Eppure, la stessa gente è comunemente insensibile nei
confronti di chi è portatore di un messaggio differente, e verso chiunque
proponga una lettura diversa delle vere necessità di un essere umano.
La scienza e la tecnologia hanno modificato la nostra
esistenza, persino allungando i termini temporali tra nascita, vita e morte in
gran parte del Globo e per molti uomini, non certo per tutti e non nello stesso
tempo e nello stesso modo.
Nel corso di tremila anni, l’Umanità ha creduto
davvero di aver risolto molti problemi, portando istruzione, ricchezza e
benessere alle masse senza, però, che questa condizione fosse uguale per tutti.
Disparità e disuguaglianze non sono sparite, ma si
sono trasferite dal Sud al Nord del Globo.
E a parte la povertà e le diverse condizioni
ambientali ed economiche, sia a Nord che a Sud, troppa gente vive la vita solo
preoccupandosi del pane quotidiano. Tutti gli altri, in maggioranza, confidano
in un credo religioso che porti consolazione con la morte dopo una vita di
stenti.
Lo scopo primario di un essere vivente, dovrebbe
consistere nel capire per quale motivo esiste e cosa deve ottenere dalla sua
esistenza, appena dopo aver garantito la propria sopravvivenza. Dovrebbe,
inoltre, comprendere cosa sia la vita, e la realtà del piano di esistenza dove
questa vita si manifesta, per poi necessariamente studiare cosa lo attende dopo
il disfacimento dell’organismo biologico.
Tutto questo, non tramite un dogma religioso ma
piuttosto per amor di verità, o di filosofia, o semplicemente per puro istinto
di poter preservare la propria consapevolezza, che identifichiamo tutti con la
sopravvivenza dopo la morte fisica.
Per gli Etruschi, invece, lo scopo di un essere
vivente consisteva nel liberarsi quanto prima dello scomodo guscio corporeo e
quindi raggiungere l’agognato paradiso sotterraneo dove dimorava l’amata
dea-madre Velthe. Solo questo contava realmente per quel popolo.
I libri scritti da Signorelli, incentrati sulla
descrizione di quel che era la Federazione Etrusca, e in aperta polemica con
gli studiosi cattedratici, avevano per me, tra l’altro, il grande pregio di
unire la ricerca archeologica alla pratica dello spiritismo. Tramite le mie
conoscenze parapsicologiche, pensavo di poter correttamente interpretare quel
che, anche un po’ ingenuamente, ma con narrazione ricca di fascino, il medium-
archeologo viterbese esponeva nelle sue opere.
L’entusiasmo che emanavano le sue accurate
descrizioni di luoghi e sentieri seppelliti dalla polvere di due millenni, era
incredibilmente coinvolgente.
Le pagine di questi libri magnetizzavano la mia
attenzione, talvolta impedendomi di ragionare sulla tecnica utilizzata per
reperire le informazioni prima di riscontrarle sul campo della ricerca
archeologica pura. In altre parole, anche se Signorelli capiva bene quanto
fosse necessario provare tramite il reperimento di reperti, antiche strade e
insediamenti, il frutto delle sue canalizzazioni medianiche, tuttavia non si
curava di perfezionare il metodo d’indagine e di rapportarlo ad una
catalogazione scientifica.
E se tutto questo lavoro lo conduceva non solo ad una
descrizione del tutto alternativa alla storia etrusca cattedratica, ma anche
nella definizione di un uomo (etrusco) nuovo
e completamente diverso
dall’uomo contemporaneo, si prestava comunque alle più svariate critiche
persino in ambiente parapsicologico.
Le conclusioni del medium-archeologo ci descrivevano
un uomo che aveva, deliberatamente, deciso di non esistere più su questo piano
per potersi unire all’amata dea e vivere infinitamente nel suo abbraccio. Un
misticismo incredibile per i nostri tempi e le nostre tradizioni, molto più
materialiste.
Purtuttavia, Signorelli non doveva essere troppo
esperto neanche della propria innegabile sensitività. Mi sarebbe piaciuto
poterlo appurare con precisione anche perché nei suoi scritti la parte emotiva
dei dialoghi con spiriti e apparizioni prende il sopravvento nettamente sulla
necessità di descrivere analiticamente, per chi legge, circostanze e
situazioni. E soprattutto, manca una catalogazione precisa delle modalità di
contatto con i perispiriti etruschi e della frequenza di tali contatti in
rapporto alle condizioni temporali e ambientali.
Non dobbiamo mai dimenticare che esistiamo e ci
muoviamo in un mondo illusorio, dove il nostro cervello compie la prima,
atavica operazione naturale e istintiva, nel mettere in ordine quel che gli
occhi riportano rovesciato. Inoltre, ognuno di noi ha una zona buia nel proprio
campo visivo, in entrambi gli occhi, e non lo percepisce: la parte d’immagine
esclusa viene composta ricostruendola da ciò che si vede intorno.
I fotorecettori ricoprono il fondo oculare, tranne
che in un punto, un'area di 1,5 millimetri di diametro, dove convergono i nervi
e i vasi sanguigni della retina, un punto non
sensibile alla luce e che quindi non invia informazioni al sistema
nervoso.
Eppure il nostro cervello riesce a ricostruire
l'immagine mancante attraverso un processo chiamato filling in
(riempimento). Parti di corteccia visiva corrispondenti al punto cieco, sono
attive durante il processo di ricostruzione pur non ricevendo alcuna
informazione diretta dalla retina.
E se questo vale per il mondo fisico e per il più
importante dei cinque sensi, come non considerare analoghi effetti quando ci
troviamo a dover percepire e comprendere informazioni che non sono interamente
e perfettamente analizzabili dai cinque sensi naturali?
In Parapsicologia, si parla di ESP (extra-sensory
perception), in italiano percezione extrasensoriale. Questa categoria include
la capacità di prevedere il futuro (precognizione), di esaminare visivamente
oggetti e avvenimenti non visibili naturalmente (chiaroveggenza), comunicare
con il pensiero (telepatia), muovere oggetti con la semplice volontà o in
assenza di questa (psicocinesi), e capacità medianica quando un soggetto è in
grado di comunicare con entità disincarnate ed esistenti sul nostro piano di
esistenza o su mondi diversi (medianità). Signorelli asseriva di possedere
soprattutto quest’ultima ma sapeva interpretare correttamente quel che la sua
medianità gli proponeva?
In altre parole, può sempre e comunque, anche un
medium dotato come lui, analizzare e capire perfettamente quel che giunge dai
remoti angoli di un altro piano di esistenza e da entità ormai disincarnate da
millenni?
E se pure si fosse trattato veramente
dell’incarnazione di un sacerdote, nel corpo di un uomo nato nel 1905, come non
contemplare la necessità di provarlo in termini scientifici, ancor prima di
comprovare le asserzioni sulla vera vita e morte della Federazione etrusca
tramite il ritrovamento di reperti?
Era, comunque,
pur sempre uno dei miei autori preferiti, senza dubbio, una persona che
avrei voluto conoscere direttamente e magari riuscire a comprendere tutto quel
che forse, egli stesso non aveva osato pubblicare.
La mia personale sensazione, infatti, consisteva
proprio in uno strano presentimento che qualcosa di straordinariamente
importante sull’intera vicenda del popolo etrusco, era forse stata nella mente
del geniale archeologo-medium, eppure mai resa pubblica, insieme, forse, alla
risposta ad alcuni, miei, personali dubbi.
E fu questa sensazione, covata per circa trent’anni,
che mi tornò alla mente quando ricevetti una strana busta, evidentemente
ingiallita e sciupata dal tempo, indirizzata da una delle redazioni editoriali
che era stata in contatto con l’autore viterbese, e che aveva quindi risposto
ad un mio biglietto. Ricordavo di aver interpellato l’editore del quale
accenno, proprio per ottenere notizie anagrafiche di Signorelli: non sapevo,
allora, se e dove fosse deceduto e se avesse lasciato lavori postumi non
pubblicati.
Le notizie che avevo chiesto nel 1991, mi arrivarono
nel gennaio del 2017: ventotto anni dopo. Era accaduto che il portiere del
palazzo dove abitavo con i miei genitori, aveva cercato di inviare la
corrispondenza a me indirizzata esattamente a un recapito che, tra l’altro,
avevo dovuto abbandonare per seguire il lavoro, sul litorale romano.
Questa corrispondenza, tra l’altro semplici lettere,
era stata respinta e aveva dormito in chissà quale deposito postale per molti
anni, finché, per motivi a me sconosciuti, e certamente non spiegabili
razionalmente, mi arrivò all’indirizzo dove vivevo, nel 2017, a Roma, città
nella quale avevo cambiato due abitazioni. Insomma, quella corrispondenza, in
tutto cinque buste e una cartolina, non doveva arrivare e non poteva,
nella logica dei nostri giorni, essere consegnata.
Eppure era lì, davanti a me, sulla scrivania e
aspettava una decisione. In particolare, un biglietto di colore giallo,
contenuto in una busta sgualcita, dove con una scrittura sbiadita di colore
blu, erano state vergate con mano leggera le seguenti righe:
“Caro Lettore,
rispondo con grande dolore personale alla Sua lettera, giacché il nostro
autore, Mario Signorelli, non è più tra noi, essendo deceduto a Viterbo, il 29
luglio del 1990." Le Edizioni ****** non hanno altro materiale di questo
Autore da poter pubblicare, e non hanno ricevuto nulla dagli eredi del Sig.
Signorelli.”
Ecco perché ricominciai a indagare, decidendo di
riprendere comunque ricerche e studi sospesi, per le esigenze della vita,
trent’anni prima. Non potevo attendere ancora e non ne vedevo né il senso né la
necessità di un’ulteriore attesa.
Ammetto che avevo pensato di lavorare a questo libro,
una volta raggiunta la pensione, considerando l’impegno che l’indispensabile
ricerca preliminare avrebbe comportato. Ma in quest’ epoca dove i diritti di chi
lavora e di chi ha finito di lavorare non valgono neanche i contributi versati
in trenta-quarant’anni, un tale intendimento sarebbe stato alquanto aleatorio
per semplici motivi anagrafici.
Siamo esseri molto fragili e senza alcun dubbio
esposti a malanni di ogni tipo oltre che ai capricci della sorte. Tutto quel
che intendiamo fare o portare a compimento, non è legato semplicemente alla
nostra volontà e ai nostri desideri ma è fatalmente esposto alle conseguenze di
un fato il più delle volte insondabile e imprevedibile.
Nella mia mente si affacciava con sempre più ostinata
frequenza la sensazione che l’esistenza biologica del mio essere si stava
consumando. Era una sensazione molesta, sempre presente al mio fianco, specie
di notte.
Avevo cinquantaquattro anni quando comunicai al mio
datore di lavoro l’intenzione di prendere un periodo di aspettativa per almeno
un anno. Questo significava, dal punto di vista economico, rinunciare alla
retribuzione del mio lavoro principale. Mi sarebbe rimasta qualche piccola
entrata derivante dagli articoli pubblicati su vari blog e giornali on-line e
poco altro. Avrei, infatti, messo a disposizione di mia moglie l’ammontare,
tutt’altro che rilevante, dei miei risparmi per provvedere alle esigenze della
famiglia.
Un passo comunque importante per una persona che
aveva sempre vissuto di lavoro dipendente. La mia esistenza, come quella di
tanti altri, era stata segnata dalle necessità della vita, e, progressivamente,
negli anni avevo abbandonato idee ed ideali giovanili. Il mondo stesso
cambiava, trascinando con sé i miti di una società, almeno in Europa e
soprattutto in Italia, reduce da una terribile guerra e dalla Resistenza che
aveva segnato la cultura post bellica. Tutto quel che mi avevano insegnato
scuola, librerie e biblioteche era derivato da una cultura anti-fascista
radicale e profonda. La musica, il teatro, il cinema e la televisione avevano
contribuito ad elevare i valori del lavoro su tutto e di conseguenza la mia
generazione è stata educata a pensare di dover lavorare per sopravvivere
ritrovandosi poi a lavorare per dover pagare la vita di altri.
La società non è stata mai pensata, neanche in
Italia, per rendere la gente felice e realizzata. Noi tutti siamo sempre stati
funzionali a qualcuno o qualcosa. Non cittadini ma sudditi; non clienti ma
contribuenti.
Questo tipo di impostazione sociale ti rende prima
recettore di necessità, poi schiavo di consumi e infine semplice spugna da
spremere.
Ero, alla fine dei sogni e degli ideali, un uomo
praticamente consumato, stanco e con il meglio di quel che avevo sognato, alle
mie spalle.
Inoltre, la cosa pubblica è stata messa al servizio,
progressivamente, dal Dopoguerra ad oggi, degli interessi privati e molte delle
nefandezze conseguenti sono poi risultate quasi uno scherzo del destino.
Mentre
iniziavo le prime ricerche, a Viterbo, i fatti concernenti la terribile
sequenza sismica del 2016-2017 producevano i loro nefasti effetti proprio sul
Centro Italia. Alle inevitabili conseguenze del vivere in un territorio
fortemente sismico, si univano le manifestazioni di follia umana che i miei
simili dimostravano a quel tempo. La vicenda dell’albergo Rigopiano risulta
esemplare per tutti. Non si può pensare di costruire, in montagna, su un
territorio che le mappe della Regione Abruzzo illustravano essersi formato dai
detriti venuti giù a valle proprio tramite valanghe.
Due carte idrogeologiche datate 1991 già segnalavano
in maniera chiara e inequivocabile il rischio di costruire l’hotel Rigopiano
proprio lì dove fu poi effettivamente edificato, partendo da una costruzione
preesistente.
Ragionavo amaramente sul fatto che i genieri etruschi
prediligevano proprio aree simili, purché fossero anche dotate di una forte
radioattività, e di giacimenti di ferro, con la presenza di acque abbondanti.
Certamente, proprio in quei difficili momenti per le
popolazioni colpite dal sisma ed anche da condizioni meteorologiche durissime
dovute al freddo intenso e alle forti nevicate, nulla avrebbe potuto farmi
immaginare che presto mi sarei trovato in condizioni altrettanto difficili e
per motivi del tutto imprevedibili.
Ero consapevole, per altri studi effettuati in
gioventù, che i popoli antichi prediligevano comunque, in varie parti del
mondo, vie di fuga e di rifugio sotterranee, preparate nel timore o nella
previsione di invasioni armate, eventi naturali catastrofici, o semplicemente
ricorrenti nell’alternarsi delle stagioni climatiche.
Nel 2013, in Cappadocia è venuta alla luce una
vastissima città sotterranea che gli abitanti dell’antica Nevsehir avevano
edificato utilizzando il friabile tufo vulcanico del quale era costituito il
sottosuolo. Esattamente sotto il castello che sorge in cima ad una collina,
alcuni operai, mentre demolivano le piccole casupole che sorgevano intorno al
maniero da restaurare, trovarono una serie di ingressi che portavano ad
ambienti sottostanti la superficie, collegati da una rete di tunnel; e partendo
da questi, gli archeologi hanno poi potuto raggiungere un insediamento più
complesso e strutturato su vari livelli e del tutto autosufficiente, con pozzi
per l’areazione e canali che permettevano lo scorrimento dell’acqua piovana.
Abitazioni, cappelle, botteghe, cucine e altri locali di pubblica utilità
costituivano un vero e proprio villaggio sotterraneo.
Molto più antico è l’ipogeo di Hal Saflieni,
nell’isola di Malta, probabilmente un santuario, che fu scavato fra il 3.600 e
il 2.500 a. C. e considerato dagli archeologi come l’unico tempio sotterraneo
conosciuto nel mondo.
Ma in realtà, in tutta Europa sono stati
rinvenuti tratti di tunnel risalenti al
Neolitico scavati nella roccia, e l’archeologo tedesco Heinrich Kusch (suo il
libro Secrets Of The Underground Door
To An Ancient World) ha dedotto che
intorno al 10000 a. C. una popolazione sconosciuta avrebbe costruito tali tunnel,
o perlomeno avrebbe dato vita al progetto di un mega tunnel sotterraneo che
poteva unire l’Europa alla Turchia, partendo dalla Scozia.
I passaggi sotterranei (solo in Baviera ne sono stati
rinvenuti oltre 700 e in Austria altri 350) misurano all’incirca 70 cm di
larghezza , ma in alcuni punti si allargano lasciando spazio a delle vere e
proprie “camere” dall’utilizzo sconosciuto, che farebbero però pensare alla
Camera del Re e alla Camera della Regina della Piramide di Cheope.
Una rete assai ramificata risalente a 38000 anni fa,
di caverne scavate dall’uomo, molto più antica di quelle scoperte da Kusch
quindi, si trova in Indonesia, nell’isola del Borneo, lungo la costa
occidentale, sui monti Subis. Ne ha parlato il ricercatore svizzero Erich von Däniken,
noto per le sue teorie sugli Antichi Astronauti.
In Brasile, esiste un tunnel, vicino a Ponte Grosse,
nello stato di Paraná (con presenza di frutteti sotterranei). Un ingresso
simile è vicino a Rincon, Stato di Paraná. Inoltre, nello stato di Santa Catarina,
sempre in Brasile, vicino alla città di Joinville c’è una montagna che contiene
l'entrata al tunnel; un altro ingresso è nello stato di San Paolo vicino a
Concepiao, e un altro ancora a Santa Catarina vicino a Gaspar e anche qui sono
stati visti frutteti sotterranei.
In Cina, peraltro, viene conservata la copia di un
libro intitolato “La relazione
riguardante i Cieli e Terre Cave di felicità in montagna Famosi, ” di Tu Kuang-t’ing , che visse nell’850-933 d.C.
Questo un estratto del libro:
“…Dopo aver
camminato dieci miglia, improvvisamente si trovò in una terra bella con un
cielo blu chiaro, brillante nuvole rosate, e fiori profumati, salici dove
domina il colore del cinabro, e padiglioni di giada rossa, e palazzi più
lontani. L’Uomo è ‘stato accolto da un gruppo di belle donne, seducenti, che lo
hanno portato in una casa di diaspro, e mentre suonava bella musica egli beveva
una bevanda rosso rubino e un succo color giada. E proprio mentre cominciava a
sentire il bisogno di lasciarsi sedurre, si ricordò la sua famiglia e tornò al
passaggio.
‘Guidato da una strana luce che danzava davanti a
lui, tornò attraverso la grotta al mondo esterno, ma quando raggiunse il suo
villaggio natale, egli non riconosceva nessuno, e quando arrivò a casa sua,
incontrò i suoi discendenti di nove generazioni più tardi. Gli dissero che uno
dei loro antenati era scomparso in una caverna 300 anni prima e non era mai
stato visto di nuovo “.
Del resto, lungo la Via della Seta, che portava i
mercanti dall’antica Cina fino la Mongolia, la Siberia, il Kazakistan e il
Turkmenistan, si trovano enormi grotte e straordinarie gallerie scavate nella
roccia.
Si è parlato più volte, negli ultimi anni, anche
all’interno di trasmissioni divulgative in televisione, di una fitta rete di
gallerie sotto le Ande, in gran parte inesplorate e vastissime.
E tutto ciò per dire che qui non si racconta nulla di
nuovo, come anche Mario Signorelli spiegò mentre descriveva i culti misterici
etruschi rivolti all’interno della Terra, in favore della madre Velthe.
Non importa che le sue intuizioni, i metodi di
ricerca e persino le scoperte fatte durante gli scavi auto-finanziati non
abbiano evitato le invettive dei posteri che lo giudicano tuttora un invasato
sognatore se non un mistificatore vero e proprio. La verità non attende
validazioni per esistere e quando è riconosciuta come tale, è sempre in ritardo
nelle coscienze dei vivi.
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