BAGLIORI SUL BULICAME, il romanzo che vede come grande protagonista Viterbo, sta riscuotendo un grandissimo successo sulla piattaforma di Amazon.
Un romanzo fortemente simbolico, dove il racconto letterario si fonde con vicende attinenti alla metafisica e allo spiritismo. La narrazione parte dal mio intento, qualche anno or sono, di non far perdere, soprattutto alle giovani geenrazioni, la vicenda terrena e l'opera di Mario Signorelli.
Scrittore, medium, archeologo di grande virtù e capacità indiscusse, che seppe letteralmente rivoluzionare l'intera storia etrusca, donando a Viterbo un passato glorioso che solo Fra Annio seppe delineare nella sua Antiquitatum variarum.
Ebbene, da quel momento, la mia vicenda umana si è trasformata in un'odissea fatta da un cammino tortuoso verso la comprensione mistica di cosa siano le dimensioni e soprattutto della vicinanza del mondo umano con l'Aldilà.
Un viaggio dove mi ha accompagnato un gruppo di parapsicologi del luogo, che ho incontrato nella dimensione alternativa ma che esistevano veramente nella dimensione della quotidianità.
Infine, come meravigliosi doni derivanti da questa ricerca, la comprensione di cosa sia, veramente, il Tempo e di quale destino sia stata protagonista la grande Confederazione Etrusca, al di là delle mistificazioni degli storici romani di regime.
Di seguito, un estratto del romanzo:
Mentre iniziavo le prime ricerche, a Viterbo, i fatti concernenti la terribile sequenza sismica del 2016-2017 producevano i loro nefasti effetti proprio sul Centro Italia. Alle inevitabili conseguenze del vivere in un territorio fortemente sismico, si univano le manifestazioni di follia umana che i miei simili dimostravano a quel tempo. La vicenda dell’albergo Rigopiano risulta esemplare per tutti. Non si può pensare di costruire, in montagna, su un territorio che le mappe della Regione Abruzzo illustravano essersi formato dai detriti venuti giù a valle proprio tramite valanghe.
Due carte idrogeologiche datate 1991 già segnalavano in maniera chiara e inequivocabile il rischio di costruire l’hotel Rigopiano proprio lì dove fu poi effettivamente edificato, partendo da una costruzione preesistente.
Ragionavo amaramente sul fatto che i genieri etruschi prediligevano proprio aree simili, purché fossero anche dotate di una forte radioattività, e di giacimenti di ferro, con la presenza di acque abbondanti.
Certamente, proprio in quei difficili momenti per le popolazioni colpite dal sisma ed anche da condizioni meteorologiche durissime dovute al freddo intenso e alle forti nevicate, nulla avrebbe potuto farmi immaginare che presto mi sarei trovato in condizioni altrettanto difficili e per motivi del tutto imprevedibili.
Ero consapevole, per altri studi effettuati in gioventù, che i popoli antichi prediligevano comunque, in varie parti del mondo, vie di fuga e di rifugio sotterranee, preparate nel timore o nella previsione di invasioni armate, eventi naturali catastrofici, o semplicemente ricorrenti nell’alternarsi delle stagioni climatiche.
Nel 2013, in Cappadocia è venuta alla luce una vastissima città sotterranea che gli abitanti dell’antica Nevsehir avevano edificato utilizzando il friabile tufo vulcanico del quale era costituito il sottosuolo. Esattamente sotto il castello che sorge in cima ad una collina, alcuni operai, mentre demolivano le piccole casupole che sorgevano intorno al maniero da restaurare, trovarono una serie di ingressi che portavano ad ambienti sottostanti la superficie, collegati da una rete di tunnel; e partendo da questi, gli archeologi hanno poi potuto raggiungere un insediamento più complesso e strutturato su vari livelli e del tutto autosufficiente, con pozzi per l’areazione e canali che permettevano lo scorrimento dell’acqua piovana. Abitazioni, cappelle, botteghe, cucine e altri locali di pubblica utilità costituivano un vero e proprio villaggio sotterraneo.
Molto più antico è l’ipogeo di Hal Saflieni, nell’isola di Malta, probabilmente un santuario, che fu scavato fra il 3.600 e il 2.500 a. C. e considerato dagli archeologi come l’unico tempio sotterraneo conosciuto nel mondo.
Ma in realtà, in tutta Europa sono stati rinvenuti tratti di tunnel risalenti al Neolitico scavati nella roccia, e l’archeologo tedesco Heinrich Kusch (suo il libro Secrets Of The Underground Door To An Ancient World) ha dedotto che intorno al 10000 a. C. una popolazione sconosciuta avrebbe costruito tali tunnel, o perlomeno avrebbe dato vita al progetto di un mega tunnel sotterraneo che poteva unire l’Europa alla Turchia, partendo dalla Scozia.
I passaggi sotterranei (solo in Baviera ne sono stati rinvenuti oltre 700 e in Austria altri 350) misurano all’incirca 70 cm di larghezza , ma in alcuni punti si allargano lasciando spazio a delle vere e proprie “camere” dall’utilizzo sconosciuto, che farebbero però pensare alla Camera del Re e alla Camera della Regina della Piramide di Cheope.
Una rete assai ramificata risalente a 38000 anni fa, di caverne scavate dall’uomo, molto più antica di quelle scoperte da Kusch quindi, si trova in Indonesia, nell’isola del Borneo, lungo la costa occidentale, sui monti Subis. Ne ha parlato il ricercatore svizzero Erich von Däniken, noto per le sue teorie sugli Antichi Astronauti.
In Brasile, esiste un tunnel, vicino a Ponte Grosse, nello stato di Paraná (con presenza di frutteti sotterranei). Un ingresso simile è vicino a Rincon, Stato di Paraná. Inoltre, nello stato di Santa Catarina, sempre in Brasile, vicino alla città di Joinville c’è una montagna che contiene l'entrata al tunnel; un altro ingresso è nello stato di San Paolo vicino a Concepiao, e un altro ancora a Santa Catarina vicino a Gaspar e anche qui sono stati visti frutteti sotterranei.
In Cina, peraltro, viene conservata la copia di un libro intitolato “La relazione riguardante i Cieli e Terre Cave di felicità in montagna Famosi, ” di Tu Kuang-t’ing , che visse nell’850-933 d.C. Questo un estratto del libro:
“…Dopo aver camminato dieci miglia, improvvisamente si trovò in una terra bella con un cielo blu chiaro, brillante nuvole rosate, e fiori profumati, salici dove domina il colore del cinabro, e padiglioni di giada rossa, e palazzi più lontani. L’Uomo è ‘stato accolto da un gruppo di belle donne, seducenti, che lo hanno portato in una casa di diaspro, e mentre suonava bella musica egli beveva una bevanda rosso rubino e un succo color giada. E proprio mentre cominciava a sentire il bisogno di lasciarsi sedurre, si ricordò la sua famiglia e tornò al passaggio.
‘Guidato da una strana luce che danzava davanti a lui, tornò attraverso la grotta al mondo esterno, ma quando raggiunse il suo villaggio natale, egli non riconosceva nessuno, e quando arrivò a casa sua, incontrò i suoi discendenti di nove generazioni più tardi. Gli dissero che uno dei loro antenati era scomparso in una caverna 300 anni prima e non era mai stato visto di nuovo “.
Del resto, lungo la Via della Seta, che portava i mercanti dall’antica Cina fino la Mongolia, la Siberia, il Kazakistan e il Turkmenistan, si trovano enormi grotte e straordinarie gallerie scavate nella roccia.
Si è parlato più volte, negli ultimi anni, anche all’interno di trasmissioni divulgative in televisione, di una fitta rete di gallerie sotto le Ande, in gran parte inesplorate e vastissime.
E tutto ciò per dire che qui non si racconta nulla di nuovo, come anche Mario Signorelli spiegò mentre descriveva i culti misterici etruschi rivolti all’interno della Terra, in favore della madre Velthe.
Non importa che le sue intuizioni, i metodi di ricerca e persino le scoperte fatte durante gli scavi auto-finanziati non abbiano evitato le invettive dei posteri che lo giudicano tuttora un invasato sognatore se non un mistificatore vero e proprio. La verità non attende validazioni per esistere e quando è riconosciuta come tale, è sempre in ritardo nelle coscienze dei vivi.
Ecco perché mi preparavo, semplicemente, a compiere opera di riunione e catalogazione, di appunti e descrizioni raccolti sul campo, durante gli scavi o mentre l’ormai anziano archeologo-medium riordinava i reperti ritrovati. L’età non gli aveva forse permesso di rendere pubblica una parte considerevole delle sue scoperte, pensavo.
Il tutto, l’avrei affidato alla memoria elettronica di un file pubblicato su Internet, al fine di divulgarlo e preservarlo dall’oblio del tempo. Oppure, ne avrei ricavato un libro con l’intenzione (anche) di un certo ristoro economico.
In qualche modo, ero comunque consapevole che il lavoro che mi aspettava era una stazione importantissima della mia esistenza, una sorta di punto di arrivo e convergenza della moltitudine di idee e presentimenti di un’intera vita fino a quel momento. Poteva risultare, quella ricerca di tipo letterario, una sorta di riscatto personale e, pur nella dimensione commerciale della vendita di un romanzo, persino un guadagno economico.
Su tutto ciò riflettevo, mentre salivo sul treno per Viterbo, alla fine del mese di gennaio 2017. Dovevo incontrarmi con l’ultima persona che aveva intervistato Mario Signorelli: un anziano, ex giornalista che viveva nei quartieri medievali.
Su quel treno, avvenne un fatto singolare che cercherò di narrare con il massimo della lucidità che posso ottenere da un ricordo non perfettamente inserito nella mia memoria.
Era una giornata nuvolosa, con l’aria che ristagnava sotto la coltre grigiastra protagonista di un blocco energetico utile ad evitare un freddo eccessivo. Spesso non ci pensiamo ma le nuvole hanno un peso, una consistenza e un’innegabile energia; almeno fin quando non scoppia un temporale.
Salito su un treno regionale pomeridiano che effettuava la fermata in una stazione di Roma, sarei dovuto arrivare a Viterbo- Porta Fiorentina dopo poco meno di due ore.
Il tempo stava peggiorando rapidamente, ed io, seduto accanto al finestrino, distrattamente fissavo il paesaggio plumbeo che scorreva alla mia sinistra.
Il vagone era stranamente semi-vuoto; pensai che forse un treno precedente e in ritardo avesse caricato la maggior parte dei passeggeri che, dalla Capitale, tornavano a casa dopo la scuola o un turno di lavoro mattutino.
Il ritmo costante del viaggio e il silenzio che regnava almeno nel vagone dove ero, insieme ad altri tre viaggiatori, mi provocava una pesante sonnolenza.
Per non chiudere gli occhi, distolsi lo sguardo dal paesaggio, piuttosto noioso, e dalla luce filtrata da basse nuvole che minacciavano pioggia, proiettata dal finestrino come lampi fotonici argentei sullo schermo bianco del mio viso. L’effetto era leggermente nauseabondo e mi girava la testa.
Avevo con me una cartellina contenente alcuni fogli stampati da Internet riguardo le ultime interviste concesse da Signorelli.
All’improvviso, dopo circa mezzora, il treno rallentò e si fermò dolcemente in aperta campagna, senza motivo apparente, poco dopo l’Olgiata.
Un silenzio assoluto mi circondava, e, istintivamente, mi voltai verso i posti dietro di me: ma non vidi nessun altro passeggero.
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