domenica 15 novembre 2020

Effetti collaterali del vivere dentro una gabbia: la censura

 Domenica, e quindi evito di parlarvi del mio lavoro. Non citerò i miei romanzi e racconti, ma qualcosa che riguarda tutti noi. Della vita si possono dire e pensare molte cose, io sono fra quelli che la ritengono una gabbia più o meno comoda a seconda delle condizioni in cui siamo precipitati all'inizio di questo viaggio chiamato incarnazione. 

Necessità e bisogni, in effetti vere e proprie costrizioni, ci assillano fin dalla nascita, e crescendo riguardano una vasta gamma dei nostri interessi. Per esempio, il bisogno di comunicare, che io esplico tramite il produrre romanzi e racconti; altri invece scelgono la strada di differenti forme di comunicazione.

Una delle più note, riguarda la condivisione di filmati, per esempio tramite Youtube oppure Facebook. 

Con la scusa della pirateria, quindi del fraudolento riprodurre avvenimenti sportivi e artistici, spesso le autorità mondiali chiudono siti e canali di comunicazione come quelli di Youtube; altre volte, questa odiosa pratica viene giustificata con la violazione di leggi e regolamenti interni.

Youtube, per esempio, utilizza la seguente formula, per chiudere canali antipatici (ai suoi collaboratori, non certo al pubblico): Questo account è stato chiuso a causa di ripetute o gravi violazioni della norma di YouTube che vieta i contenuti pubblicati allo scopo di molestare, vessare o minacciare altre persone... e simili frasi che non vogliono dire nulla e nemmeno specificare di quali violazioni, in particolare, si tratti e per colpire chi o cosa.

Facebook non si comporta in modo molto diverso. Questo blog, non a caso, è impossibile mostrarlo come link o collegamento sulla pagine Facebook  a causa dei reclami di altri utenti. Come se la libertà di espressione non fosse altro che dovuta al gradimento o meno degli altri. Chi, poi? 

Badate che sui posti di lavoro, esiste una pratica, giustificata con la tiepida volontà di proteggere chi denuncia abusi, che include il nascondere il nome di chi accusa un collega di gravi violazioni. Praticamente si permette l'anonimato degli accusatori, lasciando ai datori di lavoro la scelta se credere o meno alle stesse accuse, per poi giustifcare con queste un procedimento disciplinare a carico dell'accusato. In questo modo, come si può facilmente immaginare, non solo manca completamente il confronto tra accusato e accusatore ma non è possibile nemmeno comprendere da dove e perché provengano le accuse che il datore di lavoro invece fa proprie. 

In realtà, come è facile  evincere sia dai canali di comunicazione di massa, come in altre occasioni, far parte di questa gabbia dhiamata vita, o realtà condivisa, comprende l'incredibile facoltà dei gestori delle nostre  vite e delle nostre attività di poterci chiudere la bocca come e quando vogliono.

Non stiamo parlando, quindi, di autorità pubbliche che agiscono con lo scudo della fede privilegiata, ma di gestori spesso privati che fanno esattamente quel che vogliono. Ancora una volta, la nostra Costituzione è del tutto inascoltata.

L'Articolo 21 recita:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Mi chiedo se Agcom, Facebook e Youtube ne siano a conoscenza. Forse, sono un po' distratti, dimenticando che chiunque operi, a qualsiasi titolo, sul nostro territorio, la Carta dovrebbe rispettarla. O no?

 

Breve storia della censura | Doppiozero

Nessun commento:

Posta un commento