Questa celebre locuzione latina ci ricorda da sempre un fatto praticamente ineluttabile: la morte fisica. Una sorta di avvertimento a prepararci a qualcosa che ci riporta, probabilmente anche nelle intenzioni espressive di chi la scrisse, all'origine.
Per quanto possiamo pensare di fare in una vita biologica, al netto delle tare genetiche che ci sono state assegnate nel momento del concepimento, quel che resta di noi su queste Terra sarà un ricordo, e un sepolcro, o una bella urna da mettere sul caminetto a casa dei nostri eredi.
Il vero problema è come al solito rispondere a una domanda: ne valeva la pena?
Essere testimoni del nostro tempo, è il fatto predominante che dovremmo considerare?
E cosa dovremmo descrivere, oggi, di noi stessi e del luogo dove viviamo? Un paradiso in Terra? Probabilmente è una tesi molto difficile da sostenere.
La nostra condizione è forse cambiata dal momento che un letterato latino espresse questa frase? Il mondo è migliore? Se ne potrebbe parlare ma capite bene che la discussione sarebbe incentrata su un argomento puramente filosofico e non certo scientifico. Perché la qualità delle vita si può e si deve valutare ma la qualità della morte non cambia affatto.
Morire significa cedere al disfacimento del corpo fisico, il vestito che indossiamo per manifestarci sul piano materiale. Un'operazione che sarebbe discutibile di per sé, ma che abbiamo pensato, accettato e compiuto tutti per essere qui.
Una libera scelta? Difficile anche perché dovremmo ammettere che molti di noi hanno liberamente scelto fin dall'inizio una vita orribile e disagiata al massimo livello.
Ci hanno, forse, costretto? Questo è più probabile perché è talmente vasta e variegata la possibilità di partenza della nostra manifestazione terrena, che somiglia a una sorta di lotteria ancor prima di iniziare. Considerato sempre che l'essere umano è il più indifeso e nudo dei pulcini appena spuntato dal ventre materno. Un essere totalmente in balìa delle persone che lo circondano e dell'ambiente in cui si trova, qualunque esso sia. Pensate cosa dovrebbe venire in mente a un subacqueo che decidesse di immergersi in un oceano che lo trasformerebbe in un essere indifeso e incapace.
In realtà, questa nostra condizione terrena somiglia terribilmente a un'impresa rischiosissima che ci hanno ingannato o costretto solo per decidere di tentarla fin dall'origine. Una sorta di roulette russa ottenuta con una pistola che ci hanno messo in mano.
E non parlo della conclusione della fiera ma del suo inizio.
Dobbiamo, quindi, logicamente supporre che chiunque ci abbia messo in mano quella pistola la sa lunga e soprattutto sa benissimo come ingannarci.
Un dio d'amore e pieno di pietà potrebbe mai fare una cosa del genere? E perché mai, poi, inviare i suoi amatissimi figli, o servi che dir si voglia, al macello? Perché, comunque sia, questa impresa si conclude con una morte, almeno per la stragrande maggioranza dei viventi. Lo dico in quanto esiste comunque la certezza, almeno per i fedeli cristiani, che è possibile risorgere, come la fenice dal fuoco.
Saimo agenti esecutori di un despota che ha inviato i suoi elementi migliori a combattere solo per morire. Questa è la fredda e logica conclusione sulla storia umana, da qualunque parte la vogliate vedere, esaminare, e considerare.
Detto questo, ognuno può trarre le sue conclusioni e sulla natura del despota e sulla natura delle nostre possibilità di sottrarci a tutto ciò, se esistono.
La Chiesa, come altre religioni, infatti ha sempre combattuto l'idea della reincarnazione. Pensate se l'avventura umana fosse davvero ripetibile. Per qualcuno, un'altra opportunità; per molti, un'altra condanna. In questo caso, la facoltà di scegliere non sarebbe fornita agli sfidanti della vita per un atto d'amore ma per un atto di minima giustizia.
Esiste comunque l'idea tra i viventi che questa esperienza include alcune gioie che potevamo voler vivere a ogni costo. A costo di morire, per esempio. Mi sembra un elemento molto debole. Non solo perché in ogni caso, la nascita prescinde da qualsiasi progetto preesistente, e tale operazione si conclude nel peggiore dei modi.
La vita, quindi, e non solo la morte somiglia terribilmente a una condanna, attenzione: non solo a vivere ma anche a morire. Un rischio del genere si potrebbe accettare in un solo caso: in questo luogo è possibile espletare alcune esplorazioni indispensabili. È come immaginare di partire per un viaggio pericoloso ma che ci potrebbe condurre a un tesoro.
Esistono tesori sul piano materiale? Tesori di conoscenza o tesori di ricchezza da afferrare... solo per poter ricordare perché la morte, come noto, non ci consente di portarci dietro nulla, nemmeno la polvere dei nostri vestiti terreni.
Arduo, ragionare di questa ipotesi. Forse, dovremmo imparare il contrario, ovvero che nella dimensione terrena non esiste nulla da poter soltanto pensare di desiderare o di portare con sé. Questo è forse il segreto che dovevamo svelare e sarebbe il caso di pensarci per tempo, la prossima volta.
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