Noir. Atmosfere intriganti e ossessive. Personaggi indimenticabili. Storie misteriose. Questi gli ingredienti per un buon noir e che troverete in LA SAGA DELLA NOTTE COMUNE, disponibile su Amazon al prezzo di un buon caffè. Segue un piccolo estratto dal libro.
Ada trascorse una pessima nottata. Gli appunti contenuti nella scheda che riportava il caso Notte Comune erano ancora sul suo comodino.
Gli incubi la tormentavano da parecchio, ma quella volta, la lettura di quanto gli investigatori della polizia erano riusciti a sapere, prima che la Digos avocasse a sé il caso, avevano fatto scattare in lei quella particolare molla che conosceva bene; il suo inconscio, ancor prima che la mente vigile, l’avrebbero tormentata fintanto che non fosse riuscita a capire come stavano le cose e risolvere il caso.
Era stata notata per questo, in centrale, e valorizzata a dovere. E la sua mascolinità aveva fatto il resto.
Si fissò nello specchio del bagno. I capelli tagliati corti, le borse sotto gli occhi, l’espressione tipo David Bowie alias Duce Bianco e l’angolo della bocca piegato a destra, non facevano di lei un uomo ma la portavano quanto più poteva lontano da qualunque stereotipo femminile.
Non si poteva e non si voleva considerare lesbica; ma tantomeno femmina e faceva di tutto per nascondere il seno, peraltro consistente nella sua misura tra la seconda e la terza, che detestava con tutta sé stessa. Come detestava il nomignolo che le avevano affibbiato fin dal liceo: Luna, a causa del suo pallore talvolta impressionante, frutto della più completa avversione per i raggi solari.
Era nata in un corpo che non riconosceva e riusciva a tollerare solo dopo estenuanti turni in palestra, e dopo essersi procurata calli alle mani con gli attrezzi ginnici.
Vestiva sempre e comunque con pantaloni e camicia, o maglioni, senza alcuna concessione alla grazia o alla femminilità. E soprattutto, teneva alla larga i colleghi in centrale, gli unici che avevano modo di notarla e apprezzarne, peraltro, le indiscutibili doti di logica e di organizzazione del lavoro.
Fatta colazione da Perri, il bar sotto casa, prese il bus per la Centrale.
Colantonio, il commissario, appena avvistata, le fece cenno di andare nel suo ufficio.
Lì, salutato Scardamone, il dattilografo, seduto alla sua piccola scrivania e dietro la macchina per videoscrittura, si sedette per attendere il gran capo, che, tra l’altro, era di pessimo umore. Doveva aver litigato nuovamente con la sua (troppo) giovane moglie d’importazione; una russa bella e glaciale come una Venere dei ghiacci.
Ada lo fissò impassibile, o almeno era questo che voleva dare a vedere, mentre scagliava con insofferenza un fascicolo sulla scrivania e depositava il corpo grassoccio e tremolante come un budino sulla poltrona di pelle girevole.
- Il procuratore mi sta friggendo le palle - disse, guardandola obliquamente, come faceva sempre quando era fuori dai gangheri.
- Il caso Notte Comune, suppongo…
Colantonio sbuffò come un locomotore.
- Ho letto… Il tipo della Digos ha fatto fuori dieci persone prima che due agenti di una volante lo immobilizzassero. Lo hanno portato qui, muto come un pesce, poi la Digos è venuto a prenderselo e fine dei giochi. Quindici anni fa.
- Per loro forse, con il loro uomo in galera e semi-infermità mentale… Ma i nostri fascicoli, chi li chiude?
L’espressione perplessa di Ada lo convinse ad aggiungere.
- Se fosse per me, sarebbero già sepolti in archivio. Ma il procuratore Santi… Vuole sapere perché quelle gente era lì; perché è stata uccisa (il movente) e perché…
-… Il tizio ha sparato. Va bene, e allora facciamoci dare il fascicolo-Digos.
Il capo scagliò un’occhiata feroce all’investigatrice più in gamba di cui disponeva in quel momento. Poi si rabbonì:
- Niente Digos. Noi investighiamo, stiliamo il dannato rapporto e portiamo il dannato fascicolo, il nostro, al procuratore Santi. Va bene?
- Capo, ci sono stati due processi, nel frattempo, e la condanna all’ergastolo per l’agente della Digos autore della strage… Che vuole la procura?
- Non lo sappiamo. Dobbiamo portare notizie.
Ada sospirò - Bene… inizio dai sopravvissuti?
Il commissario vibrò il capoccione come un ariete imbufalito.
- Forse non mi sono spiegato. Lì dentro, i sopravvissuti erano tutti dell’alta borghesia romana, politici, mignotte altolocate e una decina di nobili. Oltre alla sorella del procuratore, diciamo piuttosto brilla. Mi spiego, Ada?
Era fin troppo chiaro. Nessuno voleva sapere la verità ma solo una verità comoda e facile per chiudere un dannato fascicolo, aperto per una motivazione ignota. Ada si alzò, dopo aver fatto il segno del pollice al suo superiore gerarchico.
Quando non sapeva cosa pensare di sé stessa o di un determinato problema, Ada chiedeva consiglio a Licia. Chiamava per nome la seconda moglie di suo padre, ormai finito tra le nuvole, come diceva Licia, poeticamente. L’aveva conosciuta ormai adolescente, quando sua madre era deceduta a causa di una strana forma di leucemia.
Licia era ormai in pensione da qualche anno ma era stata avvocato penalista patrocinante in Cassazione.
La sua voce, anche al telefono, era melodiosa come il suono di un’arpa, aggraziata, suadente. Ada avrebbe voluto molte caratteristiche della madrigna per sé. Le voleva bene davvero.
- Quando mi chiami, sei nei guai con il mondo o con te stessa…
- Licia, mi conosci troppo bene, ormai. Come stai?
- Basta con i convenevoli. Nonostante tutto, mi devi rispetto. E il rispetto, per me, equivale alla verità. Cosa ti turba?
- Il caso Notte Comune, quel Digos che ha fatto fuori una decina di ospiti in una casa romana, quindici anni fa, ricordi?
Licia tossì lievemente “ Anche troppo bene. L’omicida stava indagando sulla morte di un senatore. Una setta l’aveva eliminato in maniera un po’ troppo scenografica.
- La Digos ha fatto in modo di seppellire tutto quel che poteva e fornire a giudici e media la sua verità preferita; ed ora un procuratore della Repubblica vuole che la polizia acquisisca informazioni.
- La procura di Roma? Vuoi farmi ridere?
- Vogliono sapere cosa ha spinto Renzi a fare quella strage. Niente e nessuno l’ha mai chiarito.
- La procura di Roma che si mette contro la Digos? Ma stai scherzando?
Ada restò zitta. Sapeva che l’anziana penalista stava rimuginando. Dopo qualche minuto, invece, riprese:
- Licia?!
- Perché a te? E’ roba da maschio vero.
- Mi vuoi offendere?
- Bimba, non ti immischiare. Renzi ha preso l’ergastolo, nonostante la semi-infermità mentale; caso chiuso. Datti malata.
Ada restò senza fiato. Era la prima volta che la donna che aveva sposato suo padre aveva paura per lei.
- Ascolta: quella storia ha solo lati oscuri. La setta che ha massacrato il senatore ha certamente, come gli Illuminati, aderenti anche in procura. Perché mai dovrebbe, ad un anno di distanza dalla sentenza di condanna, e a quindici anni da quei fatti, andare a rimestare in tale fanghiglia maleodorante? Sai che l’assassino ha ucciso anche un suo superiore e un commissario di polizia? E il tutto a casa di un ispettore di polizia!
- Che ci faceva in quel posto?
- Appunto. I giornali ne hanno parlato pochissimo. Quella storia puzza ancora oggi e puzza ancor di più la fretta che avevano tutti di chiudere il caso… ed ora, un procuratore… Chi è?
- Santi.
- Quel passacarte? Non mi dire… Ada, lascia stare.
Il colloquio con la sua guida personale nonché il parente che amava maggiormente, non era servito a nulla se non a stuzzicare enormemente la curiosità dell’investigatore Linunzi.
La donna che non voleva esserlo, stava girando intorno il suo palazzo, nel quartiere Trieste, e guardava distrattamente la gente che rincasava, per l’ora di cena di quell’anonimo mercoledì autunnale.
Roma, in autunno, è irritante. Né fredda né calda, spesso piovosa, molto e stupidamente chic, con le signore che fanno a gara nello sbagliare abbigliamento.
Ada le disprezzava, sperando sempre di somigliare di più ad un uomo. Il suo leggero impermeabile grigio, i pantaloni e la giacca, la mostravano come una signora un po’ mascolina che voleva dimostrare alle lesbiche che incontrava la sua natura. Ma Ada non cercava alcuna avventura e non cercava altro che tranquillità con sé stessa. Il lavoro era esercizio mentale che le faceva dimenticare la sua individualità sbagliata. O forse solo un dovere ben remunerato.

Nessun commento:
Posta un commento