Quando mi destai, provando la sensazione che mi era così abituale di profondo disagio psichico, accompagnata da un leggero dolore fisico, mi ritrovai da solo, con la luce del giorno che faceva fatica a entrare nella stanza. Le imposte erano solo accostate, ma una folta coltre di nubi che minacciavano pioggia, lasciava intravedere soltanto un tiepido chiarore grigiastro tra i palazzi bassi del Centro di Rieti.
Dalla Caverna di Platone è difficile e doloroso emergere in superficie. Esistono infatti, sistemi alternativi a un semplice arrampicarsi lungo la discesa compiuta in passato. Il problema è se siamo discesi davvero, un giorno perso nella memoria ormai diventata inconsapevole, oppure se siamo nati sul fondo di quella caverna così accogliente, almeno in apparenza, da genitori prigionieri come siamo noi oggi. Comoda e soffice come il grembo di nostra madre, ovvero la prima delle caverne.
Nel mondo caleidoscopico della vita odierna, presi come siamo in una sorta di bolla comprensiva della comunicazione globale, unita alla connessione ad ogni costo, rimandiamo fino all'ultimo rantolo la vera conquista: il nostro essere, nella sua piena realizzazione.
Inutile agli egoismi materialistici del giorno, per quanto prezioso e insostituibile la notte, il sogno che accompagna le nostre esistenze, prendendo almeno un terzo del vivere biologico.
Tuttavia, il sogno è una vera e propria porta verso quelle emanazioni sensoriali che non possiamo accendere, storditi come siamo dal sole della veglia cosciente.
Il dormire in realtà ci introduce in una sorta di galleria dove poter scegliere il quadro che ci piace: ognuno rappresenta un'altra vita, con le proprie caratteristiche e peculiarità, mentre restiamo in una traccia spirituale univoca, ricordando quel che siamo e che proviamo in ogni momento della nostra veglia.
Castaneda descriveva il sistema alternativo del sognare come un mezzo per ritrovare sé stessi ed aveva ragione. Il sogno è una porta che introduce a un vasto sistema di corridoi dove inserire il nostro spirito, abitando altri corpi, usando altre menti e vivificandole con la nostra, vera, essenza.
Da scrittore, mi rendo perfettamente conto che la mia attuale sensibilità, oltre al mio sapere culturale, proviene dai messaggi di altri che hanno sentito, prima di me, l’esigenza di condividere le loro esperienze con la moltitudine delle genti a prescindere dal mezzo pratico utilizzato.
La vera illusione, infatti, non è la Caverna dove noi, ciechi e indeboliti, pensiamo possa esserci conforto e protezione per una vita intera. L'illusione peggiore sono le catene che impediscono il poter volare attraverso le porte del sogno, senza spostare il corpo, ma potendo variare a piacimento l'intensità della nostra esperienza su ogni modulazione possibile nel luogo prescelto.
Questo significa essere immortali. Questo soltanto si traduce nel diventare potenzialmente infiniti.
Pian piano, la certezza di poter vivere meglio e compiutamente nei sogni, piuttosto che durante la veglia diurna, mi allontanava dal sole e dai suoi riti. Persino quella strana relazione con Claudia, appena nata, stava diventando già problematica.
Non provavo nulla per lei, se non una forte attrazione sessuale, forse indotta dalle sue provocazioni più che da una reale esigenza fisiologica. Dapprima, mi era apparsa lontana, distante, presa dall’angoscia di aver perso l’ex marito che lei stessa, per quel che sapevo, aveva allontanato. In seguito, si era accorta di me forse considerando quanta solitudine aveva provato dopo la separazione, quindi cercando di riscattare la sua sessualità sopita in un colpo solo.
Si era gettata su di me come una belva affamata fa con la preda e all’improvviso, era diventata l’unica femmina sulla Terra che mi considerasse come uomo. L’avevo dimenticato io stesso, quel tipo di sensazione.
Cercai di chiamare Claudia con il cellulare che lei stessa mi aveva regalato ma non rispose.
Dopo una doccia calda, scesi nella hall, dove il portiere mi disse che la signora che mi accompagnava era uscita molto presto, quella mattina.
Decisi anch’io di uscire per fare una breve, prima colazione. La giornata stava volgendo al meglio, almeno come clima, e passeggiai per piazza Cesare Battisti con calma, cercando di prendere un po’ di timido sole. Faceva freddo e Claudia continuava a non rispondere al cellulare. La immaginai alle prese con Carlo, con le spiegazioni che dovevano darsi e le mille informazioni che potevano dirsi.
Quando fu l’ora di pranzo, la chiamai di nuovo ma il suo cellulare risultava fuori campo. Non mi restò che andare a pranzare al solito posto.
Speravo di prendere la decisione, con lei, di abbandonare quell’avventura e tornare ai nostri impegni quando le notizie del telegiornale che potevo vedere dal televisore sul fondo della sala, mi paralizzarono letteralmente.
Il cadavere di un uomo ancora da identificare era stato scoperto in un fosso poco oltre la periferia meridionale di Rieti, senza alcun documento e senza poter capire la causa della morte. La fotografia presa dal volto della povera vittima mostrava il viso di Carlo, che soltanto poche ore prima avevo salutato.
Qualcuno l’aveva eliminato senza pietà.
Posai la forchetta nel piatto e scolai un bicchiere di acqua minerale tutto insieme, poi un bicchiere di vino.
Mi alzai, pagai alla cassa e uscii nel freddo del pomeriggio che non era più riscaldato dal sole.
Se il personale del mio albergo aveva visto la stessa trasmissione, poteva benissimo ricordare che la vittima era stata nella mia stanza fino a poche ore prima di morire. Certamente, una stanza occupata da un uomo che non esisteva ufficialmente. Un uomo che comunque poteva essere fermato e interrogato.
Non avevo tempo e piombai in albergo, cercando di non farmi vedere dal portiere di giorno che sicuramente ricordava di avermi visto uscire. Nella hall non c’era nessuno, essendo l’ora di pranzo, e una volta in camera, preparai la mia borsa in fretta e furia.
I letti non erano ancora stati rifatti, stranamente, e di Claudia, nessuna traccia. I suoi vestiti erano nell’armadio, insieme alla borsa con la quale era venuta a Rieti.
Girare con documenti falsi, poteva costituire senza dubbio un reato anche se non erano validati per l’espatrio. Non li avevo esibiti neppure al personale dell’albergo, che si era limitato a farmi compilare una scheda anagrafica con i miei dati anche perché, seguendo il consiglio di Claudia, avevamo pagato in anticipo con la sua carta il soggiorno previsto di cinque giorni.
Ormai non c’era più alcuna ragione per quella manfrina che comunque era servita allo scopo anche se in maniera inaspettata: un controllo degli inquirenti, avrebbe documentato la frequentazione della misteriosa vittima con tal Giorgio Rossi, accompagnato da Livia Santilli.
Potevano riconoscermi solo se avessero fatto stilare un identikit al personale dell’albergo.
Una volta a bordo della prima corriera che doveva portarmi a Roma, con un bel paio di occhialoni scuri sul naso e un giaccone di colore nero con il bavero alzato, inviai un messaggio al cellulare di Claudia che continuava a non rispondermi. Temevo anche per la sua sorte, ormai.
Avevo lasciato i documenti della falsa identità e le carte utilizzate per pagare i pasti, dentro un sacchetto di plastica impermeabile all’interno della cucitura della mia borsa, in modo che non fossero identificabili soltanto mediante una pressione tattile. Chiunque fosse stato impegnato al controllo della mia identità, non avrebbe trovato che me stesso, modesto scrittore di libri gialli, in viaggio da Rieti a Roma.
Carlo era ormai solo un povero cadavere che non avrebbe visto giustizia. Chiunque l’aveva ucciso, probabilmente non voleva che ricordasse qualcosa di scottante. Non mi veniva in mente altra ragione che motivasse il suo omicidio.
Non riuscivo a capire per quale motivo l’avessero liberato, ma di certo questi suoi rapitori avevano lasciato che venisse da me. Non l’avevo voluto perquisire ma era altamente probabile che avesse addosso qualche microfono. A chi potessero interessare i miei ricordi su di lui o sul Gruppo Alfa, se non i Rettiliani?
Claudia conosceva Federico e insieme avevano concordato quell’incontro e allora per quale motivo, lei aveva finto di sorprendersi?
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