Un altro significato della parola riguarda un testo polemico caro a certi autori umanisti italiani. Se ci fosse un termine ancor più polemico dovrei comunque assegnarlo all'argomento che vorrei affrontare stavolta: il sistema pensionistico italiano e di come lo sta gestendo la nostra classe politica in relazione all'economia interna.
Mi viene da pensare, a tal proposito, a un'analogia con i termini follia e disastro. E, badate bene, non si tratta di disastro economico ma gestionale. Non si tratta di atto folle soltanto, ma premeditatamente errato. Atto facente capo a una classe politica completamente inadeguata, talvolta integrata da cosiddetti tecnici ancor peggiori di quest'ultima, tutti, rigorosamente provenienti dalle caste di sapienti, o presunti tali, ben identificabili almeno nella loro nefasta provenienza culturale.
Di fatto, nei centri di studio e di analisi del nostro Paese, si sono formate classi di cosiddetti esperti connotate da una spietatezza sociale senza pari. Li avrete certamente sentiti dagli schermi televisivi ancor prima che dagli scranni del governo dato che dopo la grancassa garantita dai media pubblici e privati sono stati sempre catapultati nei centri di comando, in Parlamento. Anche senza passare dalla consultazione elettorale.
Assimilabili alla casta degli economisti, il loro dominio è iniziato nel momento in cui la politica ha cominciato a eleggere a Capo dello Stato i governatori della Banca d'Italia e nel periodo in cui, di fatto, la Banca d'Italia era diventata proprietà degli istituti bancari italiani (privati).
Quindi, è assolutamente corretto dire che dagli Anni 80 siamo governati dall'economia bancaria italiana. A costei dobbiamo molti dei nostri problemi e affanni.
Certamente il sistema pensionistico era stato pensato, prima di questa fase micidiale, per sostenersi con l'emissione statale di moneta. I lavoratori versavano parte del loro stipendio (quindi una trattenuta) al fine di costituire una rendita che sarebbe poi diventata vitalizio. Ovviamente, l'allungamento della vita delle persone, dovuta ai progressi della medicina, ha fatto sì che questi vitalizi diventassero erogazioni di denaro molto più lunghe dei periodi di lavoro vissuti dagli stessi pensionati; inoltre, il sistema di calcolo di questi trattamenti pensionistici era stato pensato per difendere il potere d'acquisto e quindi era basato sull'ultima retribuzione percepita da lavoratore.
Dal momento del cambiamento da sistema retributivo a sistema puramente contributivo (tanto hai versato come lavoratore, tanto percepirai da pensionato), si è verificato il disastro sociale e anche gestionale dell'intero sistema. Le pensioni hanno continuamente perso potere d'acquisto.
Senza contare che l'ente pensionistico per eccellenza, l'INPS, ad un certo punto si è visto gravare dal dover erogare anche i trattamenti di disoccupazione, oltre che le somme necessarie per le pensioni. Soprattutto i più giovani tra voi, cari lettori, questi passaggi non li conoscono o non li hanno vissuti.
Oggi, per le dinamiche relative ai sistemi internazionali di gestione del commercio e delle merci, da un lato abbiamo riscontrato un forte aumento delle importazioni di merci provenienti da altre regioni dell'Occidente ma soprattutto dell'Oriente. E questi sono soldi che escono dal sistema interno.
Abbiamo anche riscontrato il fenomeno della contrazione del motore economico interno, e questo dipende da un'insieme di provvedimenti e regolamenti del tutto errati di marca neo-liberista che la classe politica italiana attua senza freni, e senza distinzione di schieramenti politici, dal 1990 ad oggi con particolare accanimento.
Inoltre, per adeguare i nostri meccanismi alla nascente Unione Europea, si è fatta strada la folle decisione di cedere la sovranità monetaria, di fatto, alla Banca Centrale Europea, con l'adesione al Sistema Euro. Questo significa che l'emissione di moneta circolante nel motore interno è stata garantita non dallo Stato ma dall'acquisto che lo Stato deve compiere di certificati di debito, quindi obbligazioni, presso la BCE.
Ogni euro che circola equivale non a moneta creata dal nulla, o meglio dalla necessità dello Stato di procurare carburante necessario al motore interno dell'economia, bensì a un debito che lo Stato si accolla per ottenere un prestito dalla BCE. Quindi, di fatto, l'intera economia italiana è a debito.
L'euro è un debito, non una moneta. noi tutti ci scambiamo e facciamo funzionare l'economia, mentre il debito pubblico aumenta senza possibilità di controllarlo.
Gli economisti alla moda, decantanti le meraviglie del sistema-euro, purtroppo devono accettare da un letterato come me l'accusa di non capire una beata minchia. Al punto tale che sono veramente e fieramente orgoglioso di non aver seguito corsi di studio statali e comunque regolari e regolati in Economia, visto che molti e celebrati economisti hanno declamato e quindi favorito l'applicazione del disastro nazionale chiamato euro.
L'euro non è una valuta, non è una divisa, non è una moneta: è un certificato di debito per la nostra economia. Ogni volta che avete un euro tra le mani, ragionate su questo fatto. E infatti, dimostrazione pratica è che nonostante la stagione di tagli durata ormai 30 anni, il nostro debito pubblico aumenta e il prodotto interno lordo diminuisce. Una costante che sta portando il Paese alla rovina. Un fatto ineluttabile fintanto che si resta nel sistema-euro, non c'è scampo.
Detto questo, è la politica a rovinarci ulteriormente. Da perfetto non studioso di economia devo suggerire a lor signori, i componenti della devastante classe politica italiana, come si dovrebbe gestire un debito pubblico enorme come il nostro. Volendo fare presto ,si potrebbe imitare il Giappone o i tanto decantati e idolatrati USA. Hanno moneta sovrana ed economia direttamente governabile: emettono tanto denaro che serve a pareggiare le perdite. Esattamente come stanno facendo.
Ai creatori del moderno capitalismo, gli USA, non passa lontanamente per la testa di cedere la loro sovranità monetaria, come abbiamo fatto noi con l'istituzione della zona-euro. Da sempre, costoro emettono la moneta che serve all'economia e pareggiano con la leva fiscale eventuali disequilibri.
Volendo restare nella gabbia della zona -euro, dato che sta diventando, l'euro, un totem, devo dire che non esiste alcun divieto o limite, leggendo i trattati che regolano tale sistema, alla circolazione di moneta interna nei paesi membri. Questo vuol dire che nutrire di carburante fresco il motore interno non solo è possibile in economia ma è addirittura incluso nei trattati che regolano la cosiddetta moneta della Unione Europea.
Se tale scelta non viene compiuta lo si deve ai nostri politici, pessimi gestori dell'economia nazionale, devastanti esecutori del fallimento inevitabile che si avvicina. Da subito, invece, potrebbero attivare le misure necessarie a far girare i cosiddetti bond interni o, in alternativa, una vera e propria simil-moneta a circolazione interna sul modello dei buoni-pasto dati ai lavoratori.
Non ci sarebbe nemmeno bisogno di codificare e controllare l'emissione di una nuova divisa che potrebbe comprendere il problema della non validità fuori dai confini (un po' come accadeva, nel periodo lira, con le emissioni di valuta del Vaticano).
Insomma, a voler essere ancora proni e serventi il sistema-euro: emissione di voucher ai lavoratori, comprendenti regolari versamenti previdenziali e assistenziali e la quota fiscale; emissione di buoni-spesa comprendenti la quota fiscale, ai pensionati e il tutto in aggiunta alla quota in euro già versata per stipendi e pensioni. Il che significherebbe ridare slancio all'economia interna senza aggravare ulteriormente il bilancio pubblico con ulteriori prestiti di euro che automaticamente significano un aumento del debito.
I voucher dei lavoratori e i buoni spesa dei pensionati ovviamente avrebbero circolazione rigorosamente interna e dovrebbero rendersi validi per acquisto di beni e servizi potendo servire a ogni scambio consentito tra privati, costituendo, di fatto, una moneta interna senza ricadute sui conti in linea euro.
Non ci vuole un esperto, non ci vuole un genio, per capire questi, semplici concetti di gestione economica interna.
La consistenza in euro, alla lunga, basterebbe per i pagamenti fuori dai confini nazionali. All'interno, la circolazione di buoni-lavoro e buoni-pensione potrebbe quindi compensare la mancanza cronica di denaro che si sta verificando e che ci impoverisce tutti.
Per i duri di cervello, chiarisco che chiamare i buoni-lavoro e i buoni-pensione moneta interna non cambia nulla. E se questi duri di comprendonio sono laureati in Economia, ebbene, tornino a studiare un'economia basata sulla vita della gente. Gente che ha diritto di lavorare quanto basta, non più di 35 anni, per garantire il ricambio sociale ed abbattere veramente le scandalose statistiche della disoccupazione che dovrebbero essere inclusive della grande massa di persone che il lavoro regolare, ormai, non lo cercano più e sono la maggioranza.
Ai nostri politici suggerisco di adeguarsi a una normale logica di base oppure, cosa migliore, cambiare urgentemente mestiere. Ammesso che sappiano fare qualcosa. Il quadro di un Paese ormai in rovina li squalifica ai nostri occhi e al giudizio ineluttabile della Storia.
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