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Scrivendo
queste note, che poi intendo riassumere in un libro, mi rendo conto che la
sequenza dei fatti narrati possa apparire non sempre logica. Ma quella, stessa,
logica comune che caratterizza la quotidianità di ognuno di noi, nella mia
vita, in quei giorni particolari, fu più volte interrotta da eventi non
catalogabili perfettamente in una cronologia
concreta. Se, come ipotizzato dai miei amici, ci furono davvero alcune
fratture spazio-temporali, non sono ancora in grado di provarlo e tanto meno
neanche di dichiararlo apertamente. Sto solo raccontando quel che penso di aver
vissuto realmente, se per realtà si intende la certezza individuale della
propria esistenza.
Vidi
Salbeni seduto su una pietra, nel Parco di Bomarzo. Doveva essere mezzo
pomeriggio, con il sole velato da alcune nuvole insistenti. Intorno a noi,
piccoli gruppi di turisti si aggiravano lenti, chi commentando, chi ridendo e
scattavano molte fotografie.
Il Parco dei Mostri, come viene definito, fu
edificato su commissione di Pierfrancesco Orsini da Pirro Ligorio, allievo di
Buonarroti, nel 1547 su una superficie di quasi tre ettari. Un genere
indefinibile, allegorico e grottesco, caratterizza statue e architettura dei
vari edifici; ma il parco attuale non è quello originario dato che in tempi
molto più recenti, la Famiglia Bettini ha risistemato l’intero insieme delle
attrazioni una volta rilevata la proprietà. Se fu edificato quale percorso
iniziatico-alchemico, è quasi impossibile, oggi, trovarne il significato
originario. Di questo mi parlava Salbeni, mentre pochi turisti si aggiravano
tra le statue orripilanti e le sculture impossibili.
-
Resta solo il bosco di conifere a ricordare il passato – commentò – la memoria
degli uomini è troppo labile. Spesso ricordiamo faccende ed eventi del tutto
inutili e invece quel che potrebbe essere determinante, giace in un angolo
della nostra memoria. Eppure, se potessimo ricordare tutto, quanto saremmo più
felici!
- Perché ci vediamo qui?
Salbeni sorrise con una smorfia. Mi
guardava dal basso e gli dava evidentemente fastidio alzare il collo per
parlarmi – La Tuscia conta alcuni luoghi altamente simbolici e non potrebbe
essere altrimenti. Il territorio abitato dai Tirreni è stato oggetto di
ripetute invasioni dopo il periodo romano, e alla fine ha deciso di morire di
pace e non di guerra. In questa epoca, sopite le passioni, chetati gli
entusiasmi, resta, come in questo parco, solo traccia degli orrori.
-
Signor Salbeni, ho problemi peggiori a cui pensare. Qualcuno mi sta mettendo in
guardia contro il Tempo e i suoi effetti più nefasti. Non so come uscirne.
-
Da dove vorrebbe uscire? Non si trova facilmente una via d’uscita dalla vita
come la intendiamo. Questo parco voleva raccontare proprio quel che nei libri non
si trova, tramite archetipi, ovvero immagini che parlano allo spirito. Il
territorio dell’intera Tuscia odierna è, per molti versi, sacro. La gente vede
e discute quel che può incontrare durante il breve percorso di una vita ma nel
tempo, pensieri, opere e paesaggi permangono immutabili.
-
Forse permangono le intenzioni perché oggi il Parco dev’essere ben diverso da
quello che la Famiglia Orsini voleva lasciare ai posteri. – ricordai.
-
Sì, certo, ma non conta l’aspetto di oggi o di ieri. Conta il suo immutabile
aspetto nel tempo. E’ il racconto di un sogno e come tutti i sogni, ci porta
dove realmente viviamo. Anche se l’abbiamo dimenticato. Molte, quasi tutte, le
creazioni della nostra mente, sono prese pari pari da immagini già esistenti.
Nulla si crea e nulla si distrugge.
-
Dicono, di là, che lei sia morto. Questa cosa mi fa paura.
Salbeni
rise silenziosamente, come si vergognasse delle sue reazioni – Mi sono accorto
ben presto, quando potevo discutere animatamente di argomenti simili con B.
davanti ad un ottimo bicchiere di grappa, che vita e morte sono concetti un po’
desueti. Lei sa, o ha saputo, da quei simpatici ricercatori, che ci sono
sensitivi che non distinguono i vivi dai morti?
- La Parapsicologia ne ha
contati alcuni, di questi sensitivi.
- Ah, già, la vecchia,
cara, Para… Che è come guardare una montagna con un microscopio. Sapesse
quanta gente, che non è o non sa di essere un sensitivo, passeggia, vive,
lavora con esseri che non sono catalogabili come viventi o appartenenti alla
stessa razza dei viventi, attualmente, almeno su quello che credete il vostro
piano. Piano che abitualmente lasciate sul letto quando dormite e passeggiate,
qui, con noi. Voglio dire: con le persone come me…Avete solo chiuso gli occhi e
addormentato quella centralina di trasmissione che avete nel cranio e che funge
da filtro.
Mi
sentii, per un attimo, furioso. Non riuscivo a capire né il senso delle
sculture e degli edifici che vedevo e tanto meno le parole del mio
interlocutore.
-
Non riuscirete a convincermi che veglia e sonno sono la stessa cosa.
- Infatti,
non lo sono. La veglia, come dice lei, è una scelta; il sonno è inevitabile, è
una necessità, fino a prova contraria. Si è mai chiesto perché?
-
La medicina ha una spiegazione per questo….
-
Certamente, la medicina è specializzata a chiarire per quale motivo sono morti
i cadaveri. Bella scienza! La vita non la spiegherà mai perché la vita non la
conosce. La vera vita è nel corpo di sogno, ed è la vita psichica. Il resto è
un gioco di specchi molto in voga ma che finirà, inevitabilmente. Volevamo la
prova che fossimo noi, che fossimo vivi, e siamo morti. Morti. Una miriade di
miliardi di morti, che si susseguono nel Tempo e lasciano il loro ributtante
olezzo nei milioni di anni, come dopo il passaggio di una mandria di cavalli
che corra dove non sa, pur di correre. E’ parte della scena di una commedia, e
noi, comparse e piccoli attori, lì a tener caldo il palcoscenico. Lei parla con
disinvoltura di vita e di morte, vorrebbe catalogare come morti me e tutti
quelli che da sempre sono intorno a lei, mentre è sveglio e mentre dorme e
sogna. Tutti le parlano all’orecchio, ma lei decide di ascoltare solo la musica
che le piace. Lo sa perché inventarono la musica, eoni fa? Per non far
ascoltare la voce dei morti! E, nel contempo, continuare a raccontarvi la
solita favola sulla vita… e su voi che siete tanto vivi da non ricordare
neanche chi eravate quando la vita la gustavate davvero.
- E
allora mi spieghi pure la differenza che c’è tra me, che ora sto sognando e lei
che vive in un altro piano.
Salbeni
rise – Ora pretende troppo. Lei ed io stiamo sognando ancora. Forse pensa
davvero che il sogno finisca con la morte fisica… Ma quale morte? Quale vita?
Quale sogno?
Avrei dato qualunque cosa per non far svanire le immagini di quel sogno, ma, come sempre, restò solo un vago ricordo.
Siamo dei bei vigliacchi, noi che pensiamo di essere vivi. Quante volte desideriamo che le immagini del sogno non svaniscano, e cosa daremmo pur di tornare in quel reame… Ma poi pensiamo che le vicende della vita quotidiana siano le uniche veramente importanti. Poveri noi, che destino gramo ci riserva questa meravigliosa vita!
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