Ero felice di potermi riposare in modo così totale: un sonno senza sogni e senza alcun timore, come se fossi tornato, da piccolissimo, tra le braccia di mia madre.
Come accadeva spesso anche allora, fu la luce a svegliarmi, mentre sentivo la bocca amara e le gambe mi facevano male. Ancora una volta, come mi era accaduto da sempre, nella mia vita, mi domandai perché non potevo continuare a dormire.
Ero davanti a due persone, un uomo anziano e una donna più giovane, con i capelli castani raccolti dietro la testa e gli occhi tranquilli.
Ci separava un tavolo di metallo. La luce così sgradevole che mi aveva destato era quella di una serie di lampade al neon, sopra le nostre teste.
Mi accorsi di avere i polsi legati alla sedia a rotelle.
- Sono prigioniero? – domandai.
L’uomo anziano, che indossava un grembiule immacolato, scosse la testa.
- Quei lacci servono a non farla cadere. Stava dormendo.
Vidi una bottiglia d’acqua minerale e qualche bicchiere di carta sul tavolo e pensai di avere una gran sete.
- Vuole bere? – chiese la donna, con voce piatta.
Feci cenno di sì con la testa e quella stappò la bottiglia per versare l’acqua in un bicchiere, poi lo mise davanti a me. Avevo compreso le loro intenzioni.
- Prima qualche domanda e qualche risposta sincera. – disse l’uomo.
- Sono un prigioniero! – confermai più che altro a me stesso.
La donna sospirò, poi mi guardò con falsa pietà e riprese.
- Non durerà molto, ma lei capisce che non possiamo farci prendere in giro da un tizio senza nome. Come si chiama e perché ha preso alloggio in Aviano?
Mi fissarono senza parlare. Io chiusi gli occhi per riflettere e invece, tornai a dormire per qualche momento. Dovevo aver russato perché l’uomo commentò la faccenda con la donna lamentandosi della dose troppo generosa di farmaco.
La donna mi scosse toccandomi la spalla. Era abbastanza attraente e glielo dissi.
- Grazie del complimento, ma ora mi dica con chi sto parlando.
- Glielo direi se lo sapessi. Mi faccia bere. Come posso parlare con la gola asciutta?
La donna scosse la testa molto lentamente.
- Certi farmaci provocano questo effetto: una gran sete. Tra poco le sembrerà di bruciare dall’interno. Come si chiama, signore?
- Se le dico che mi chiamo Mario Rossi, le va bene?
La donna disse qualcosa all’uomo accanto a lei ma non compresi bene. Forse stavano parlando in un lingua che non capivo. Ero discretamente stordito ma consapevole della mia situazione.
L’uomo anziano riprese:
- Tutti devono avete un nome. Una delle leggi fondamentali riguarda il nome e la stringa identificativa che un tempo era il codice fiscale e oggi è la linea di simboli e punti che fa parte del nostro passaporto digitale. Lei deve avere un nome.
- Hai mai visto uno smemorato?
La donna intervenne:
- I medici ci dicono che lei non la lesioni neurologiche. Le bruciature sono simili a chi fosse stato esposto a onde elettromagnetiche: a cosa sono dovute? Se lo ricorda?
- Come posso ricordarlo se non so neppure per quale motivo sono svenuto? Fatemi bere.
L’uomo incrociò le braccia sul tavolo.
- Come saprà certamente, ad Aviano esiste una base molto importante e le spie non sono gradite. Credo sia consapevole che lei potrebbe sparire da questo ospedale senza che nessuno venga a reclamare le sue ossa?
Assentii stancamente con la testa.
La donna chiese.
- Non vuole parlare più o non ce la fa?
Feci cenno a mia volta con il capo verso il bicchiere d’acqua.
L’uomo con il camice bianco si alzò in piedi.
- Noi andiamo a cena. Penso ci rivedremo più tardi.
Senza farmi bere, i due aguzzini uscirono dalla stanza spegnendo la luce.
Ebbi solo il tempo di formulare un pensiero negativo sulla mia attuale situazione che subito il buio tornò a ingoiarmi.
Non so quanto passò ma riaperti gli occhi sentii la puntura sul mio braccio.
Un medico più giovane stava iniettandomi qualcosa.
I due aguzzini erano di nuovo seduti davanti a me.
- Ha pochi liquidi – mormorò l’uomo con la siringa – Non so quanto farà effetto.
- Deve parlare. – disse la donna.
- Potrebbe restarci. – dichiarò l’uomo che mi aveva siringato, rialzandosi.
- Fallo bere. – disse l’uomo anziano con il camice. – Ora conta che il siero vada in circolo.
La donna accostò il bicchiere alle mie labbra per farmi bere.
Sapevo che il siero della verità induce uno stato di sonnolenza ulteriore e che comunque il suo uso è classificato come tortura. Il pentothal, o quel che era, mi fece chiudere di nuovo gli occhi. Pensai che la stessa categoria di farmaci può essere usata per provocare l’eutanasia. Avevo visto un mio carissimo parente essere addormentato a questo scopo in quanto purtroppo soffriva di un tumore non operabile.
Mentre cadevo molto in basso, ragionai sul fatto che senza avere le informazioni che volevano, potevano recidere la mia vita in un solo attimo. All’iniezione per farmi parlare, sarebbe seguita un’altra, stavolta letale.
Senza capire come, mi ritrovai a respirare liberamente. Ero in piedi, scalzo e sentivo l’erba fresca e confortante sotto di me.
La donna Elohim era davanti a me, in un prato bellissimo. La scena mi ricordava le descrizioni di chi era tornato dalla morte apparente.
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