4. Dormire, forse sognare, svegliarsi. Senza parafrasare l'Amleto, il mio rapporto con il mondo onirico è complicato. I sogni sono una porta girevole con l'infinito, tutto qui.
Io dormo, talvolta entro in mondi inimmaginabili (in questa vita), poi devo, dolorosamente, rientrare in questo corpo materiale e ricomincia la solita solfa mattutina. Per voi è lo stesso? Per me è una vera tortura.
Siamo convinti che la vita è qui e ora, ma i sognatori hanno un'alternativa. Questa fuga dalla realtà oggettiva, finisce miseramente con le prime luci che filtrano dalle imposte.
Pensai di essere nel mio letto, e di andare a sentire la segreteria telefonica. Poi ricordai che l'avevo tolta, insieme alla linea fissa, per risparmiare il canone. Realizzai dove mi trovavo dopo qualche minuto.
I miei affari di cartomante non erano floridi e facevo sempre più fatica a unire pranzo e cena. La colazione era compito di Xander, il barista albanese sotto casa mia, con il quale avevo un conto lungo come una sciarpa invernale.
Un ex pugile medio che aveva l'abilità di sfornare cornetti persino mangiabili e preparare cappuccini schiumosi e profumati (utilizzando latte intero). Soprattutto, aveva molta pazienza nel farsi pagare dai clienti abituali.
Ricordai con gratitudine uno dei pochi favori ricevuti dal commissario Cella quando gli aveva tolto da torno una banda che pretendeva il pizzo dal loro connazionale. Da allora, il mio conto personale non aveva limiti, e comunque, ogni tanto, gli allungavo venti euro per limitarne gli effetti negativi.
Fatte queste considerazioni, andai in bagno per una rapida doccia. Il mio stomaco faceva male dato che avevo dimenticato di cenare. La mia età ormai pretendeva maggiori attenzioni e orari più definiti e sicuri, specie per i pasti. Non che fossi un tipo comodo. Riuscivo persino a partecipare alle assemblee condominiali senza riportare ferite fisiche.
La pensioncina non aveva bar interno, altrimenti il conto della prima colazione avrebbe gravato sulle spese di Cassini. Il portiere di giorno mi comunicò, tuttavia, che era valida una convenzione con un bar poco distante.
Una bar pasticceria che emanava profumo di forno sempre attivo e di vaniglia o cannella o quel che era. Un miscuglio di odori comunque stimolante.
La gente affollava il bancone del bar. Alla cassa, a quell'ora del mattino, c'era una signora bionda e oltremodo in carne che fissava l'allegra mischia per caffè e cappuccini.
- Vengo dalla pensione qui vicino. - le annunciai, con il tono più allegro che mi riusciva alle sette di mattina.
- Embè? - chiese lei, senza neanche guardarmi. Dovevo essere spettinato.
- Dicono che avete una convenzione.
- Bah, può darsi. A quale norme devo addebitare la consumazione?
- Cassini, stanza 4. Prendo sei cornetti e un caffèlatte.
- Sei cornetti? Siete una famiglia?
- Ehm, certo: la grande famiglia umana.
Mi guardò con aria interrogativa ma finalmente sganciò una specie di scontrino da presentare al bancone. Era una fortuna, svegliarsi presto. Qualche ora più tardi, quella manovra sarebbe risultata oltremodo sgradevole e certamente meno produttiva. Non so per quale motivo ma a parte gli automobilisti, le persone normali, prima delle otto, mantengono comportamenti perlomeno civili.
Rimpiansi il cappuccino di Xander ma almeno i cornetti di pasta sfoglia erano ottimi e andai via con il mio piccolo bottino tra lavoratori che uscivano in fretta dal bar e signore che entravano prima di andare a fare la spesa.
Non lo sapevo ma quella sarebbe stata l'ultima mattina di quiete.
Continua
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