6. Riuscii a smarcarmi da quella situazione incresciosa solo verso l'ora di pranzo. La mia immaginazione aveva creato un paio di volte la figura alta e distinta ma connotata da una pelata minacciosa del commissario Cella. Invece, vidi soltanto poliziotti in divisa e un paio di clienti del negozio di fiori dov'ero momentaneamente al riparo dopo il quarto attentato alla mia vita. Per fortuna, potevo ingannare il tempo sgranocchiando cornetti.
Quando la polizia terminò i suoi lentissimi rilevamenti, la poliziotta che mi aveva interrogato mi sciorinò i miei obblighi che consistevano, essenzialmente, nell'avvisare il commissariato se mi fossi allontanato, allungandomi un biglietto con un numero di telefono.
- Chi mi paga il vaso? - chiese di nuovo il proprietario del negozio.
La poliziotta fornì lo stesso numero anche a lui senza aggiungere commenti ma fissandolo con aria depressa.
Io salutai la comitiva e infilai l'uscita mentre sentivo lamentarsi il pedante individuo:
- Era il mio vaso migliore, con le violette migliori...
Pensai che se quel dardo mi avesse infilzato come un tordo la schiena, avrei comunque risparmiato quella cantilena lamentevole alle mie, povere, orecchie. Poteva uccidermi? Voleva eliminarmi dalle tristezze di questo mondo o soltanto farmi una grande e dolorosa paura? E soprattutto, chi diavolo poteva odiarmi a quel modo?
Non sapevo dove andare e allora chiamai Cassini che, maledettamente, non rispose al cellulare. Allora chiamai il fisso e mi rispose la sua anziana governante.
Il mio amicone era partito all'improvviso. Sapevo che la donna mi teneva in simpatia e non avrebbe mai mentito. Cassini, oltre a essere uno strizzacervelli di fama mondiale, rivestiva anche la carica ufficiale di esorcista nominato dalla Santa Sede. Sì, talvolta si eclissava per un paio di giorni e senza fornire spiegazioni.
Detto questo, mi ritrovai da solo, senza sapere cosa fare e dove andare. Lontano da casa mia, quindi dallo studio dove ricevevo le mie clienti, ero anche senza risorse economiche. Mi restava soltanto Xander.
Il suo bar era come al solito pieno, verso le tredici.
Esisteva gente, nel quartiere, che preferiva pranzare da lui con un cappuccino e un tramezzino o un cornetto. Era un punto di riferimento. Lo salutai mentre era davanti alla macchina del caffè, quindi non poteva venire ad accogliermi con un pugno sulla spalla, in segno di amicizia e che comunque provocava lividi. Il ragazzo, albanese di nascita, era stato in gioventù un buon medio-massimo.
Sentii il breve ululato di Lulù, come al solito assiso sul suo sgabello da bar preferito. Era un cliente talmente abituale che Xander gli aveva affidato il compito di sorvegliare la clientela che eventualmente si dimenticava di pagare la consumazione.
Lulù era un vecchio pensionato con la mania di cercare il principe azzurro anche alla sua età. In passato, avevo dovuto convincerlo che quel ruolo non fosse adatto a me.
Aveva anche cercato di parlare con Patrizia, la mia ex, per chiedere la mia mano. Per sua fortuna, non era riuscito neppure a fermarla. Patrizia era piuttosto nervosa, oltre che manesca. Bella e letale. La seconda, in ordine di pericolosità, dopo Xander, che utilizzava la mia spalla destra come un punching ball.
Lulù si era dichiarato scandalizzato dal suo atteggiamento brusco. Almeno aveva desistito da ogni tentativo nei miei confronti. Sono terribilmente eterosessuale. E, citazione colta, non è colpa mia se mi disegnano così.
In un momento di stanca, quindi ascoltati solo da Lulù, si svolse il seguente colloquio:
- Xander, sono nei guai. - dissi io.
- Ma no. Senza guai, non ti riconoscerei. - rispose lui.
- Cercano di uccidermi.
- Se non è Patrizia, la tua ex, chi può essere?
- Una domanda logica a cui non mi riesce di rispondere. Mi servono soldi per sparire per un po'.
Xander aprì la cassa e mi porse una manciata di banconote.
- Le monetine mi servono per il resto. - dichiarò, solennemente. - Dove andrai?
- Ramingo per il mondo, almeno fin quando non riesco a sentire Jimmy Cassini.
- Buona fortuna, amico. Riguardati.
Continua
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