18. Arrivai nella cittadina soltanto all'ora di pranzo. Il mio amico e guida spirituale Cassini non rispondeva ancora. Talvolta, il suo telefono sembrava isolato, senza segnale.
Camminai fino a una piccola pensione, modica per il prezzo ma pulita e ordinata. Il mobilio vecchio e lucidato almeno due volte, testimoniava trascorsi senza dubbio migliori. In quel posto si sistemavano le famiglie che non potevano permettersi di soggiornare nella vicina località termale.
Depositato il mio scarno bagaglio, andai a passeggiare nella piazza principale, illuminata dai riflessi di un sole timido.
In un negozio che era un po' fornaio e un po' piccolo market, acquistai della pizza quasi calda, un paio di bottigliette di acqua minerale e mi sfamai seduto su una panchina.
Provai nuovamente a chiamare il mio vecchio amico senza successo.
Tutta quella libertà, tutta quella indeterminatezza, mi risultavano quasi oppressive ed io faticavo a respirare. Non ero mai stato tanto lontano dalle mie abitudini, dalle mie passioni e la mia stessa esistenza sembrava osservarmi da un punto posto oltre l'orizzonte.
Quel che avevo provato e pensato prima di quella giornata, mi appariva estraneo oppure dotato di scarsissima importanza. In quella fuga disordinata dalle grinfie di un nemico spietato ma invisibile, stavo cambiando a grande velocità e quasi non mi riconoscevo più.
Già da quando avevo perso la mia amata Patrizia, la mia vita era diventata un oggetto estraneo e senza il potere di creare alcuno slancio emotivo. In quei giorni di fuga, tutto quel che facevo mi sembrava una stanca recita, fatta per compiacere il regista e nient'altro. L'attore si era stufato da molto tempo e sbuffava a ogni richiamo del furibondo direttore di scena.
Sapevo già che a lungo andare, soprattutto superato il limite dei quarant'anni, la Matrice diventava più avara di sensazioni e il vivere quotidiano cominciava a inaridirsi progressivamente.
Quasi all'improvviso, mi salì una constatazione dolorosa: fossi morto in quel preciso momento, il mondo non se ne sarebbe curato affatto, limitandosi a far sparire dalla scena il mio cadavere. A chi poteva ai importare se io vivessi o morissi e quando mai sarebbe accaduto tutto ciò?
Patrizia era stata l'unico collegamento con il mondo dei viventi, una sorta di ancora di salvezza per il mio corpo fisico oltre che un centro di attrazione erotico ed emozionale.
Adesso ero solo, isolato ed emarginato. Quarant'anni senza troppe speranze e con un mazzo di carte appresso dalle quali avevo tratto la mia sussistenza ma non l'agognata libertà.
Sapevo già che i cartomanti non hanno mai avuta per garantita una via d'uscita dai stessi drammi che prevedevano per i consultanti. La pandemia aveva letteralmente decimato le mie clienti più anziane e avevo quasi deciso di vendermi casa e andare in affitto in provincia per sopravvivere.
Ero quasi diventato un clandestino nella mia stessa vita dato che il progredire anagrafico trancia ogni antica certezza con spietatezza persino esagerata.
Mister Tau stava per lasciare il passo a un soggetto nuovo e infinitamente più stanco.
Continua
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